(testi tratti da varie fonti)
U.G. ossia Uppalari Gopala Krishnamurti nacque nel 1918 in una famiglia di bramani nell’Andra Pradesh nell’India del sud, legati alla Società teosofica. Come Jiddu, l’altro Krishnamurti, fu considerato fin dall’infanzia un istruttore spirituale predestinato. Come l’altro Krishnamurti, declino’ questo onore: fin qui il paragone, ma temperamenti e destini assai diversi.
Muore nel 2007.
‘Non esiste guru e non esistono ‘modelli’ da imitare, ognuno è un ‘fiore unico.’ Egli afferma che non può aiutare nessuno e invita più o meno gentilmente a lasciarlo in pace. Vive semplicemente, viaggia con pochissimo bagaglio ed è spesso ospite di amici. Può essere rude e volgare, quando denuncia l’impostura dei guru, quanto dolce e comprensivo se la domanda è seria, ma non lascia indifferente nessuno.
Un episodio lo marcò profondamente. Suo nonno era solito meditare all’alba e un giorno fu disturbato dalle grida di un bambino. Il vecchio infastidito picchiò il bambino fino a farlo piangere. Da allora si considerò eretico ed ateo e si consacrò alla vera esperienza della verità e sapere se le tecniche ed i paroloni dei maestri spirituali avessero un senso. Come Nisargadatta, denuncia che ‘la spiritualità è una frode, va gettata nel lavandino, come l’acqua sporca dei piatti’!
Si sposò, ebbe figli (uno ebbe la poliomelite ed uno morì di cancro) ma la sua ricerca ossessiva continuò. Arrivò fino alla disperazione, finché un giorno si rese conto di non aver mai rimesso in questione la ricerca stessa che l’aveva allontanato dal suo stato ‘naturale’.
A 49 anni avvenne ciò che egli nomina la ‘calamità’. Sconvolgimento fisiologico, mutazione biologica e arresto del pensiero discorsivo.
‘Ho scoperto da me stesso e per me stesso che non c’è nessun Sé da realizzare. Di colpo tutto quello che avete investito nello stesso paniere si rivela inutile ed insensato: è un vero choc che cancella ogni concetto.’
Secondo lui, la continuità del pensiero ininterrotto crea ciò che noi chiamiamo ‘Io’. In lui questa continuità è stata spezzata. I pensieri si manifestano solo se necessari all’azione, come una reazione alle situazioni. Non si può per volontà personale o rigorosa disciplina, raggiungere lo stato naturale, perché è proprio il pensiero a creare il divario per il solo fatto di volere. Come per Nisargadatta i metodi ed i concetti sono inefficaci. Anche la ‘via negativa’ è una trappola dell’ego. Nessuno sforzo dunque, ma un rimettere in questione tutto il condizionamento mentale di un’identità fittizia e ‘spontaneamente, se siete fortunati’ ritroverete il vostro stato naturale.
‘I dottori dicono che le droghe danneggiano il cervello, ma anche la meditazione fatta seriamente danneggia il cervello: c’è gente che è impazzita per non poter fronteggiare quelle esperienze.’
‘Voi siete sempre in questo ‘stato naturale’. Ciò che impedisce di esprimerlo è proprio la vostra ricerca che è sempre nella direzione sbagliata. Il sacro, il santo e il profondo ne sono già una contaminazione’ . Voi non potrete mai ‘sapere’ o ‘conoscere’ questo stato, perché tutto ciò che conoscete o definite è già falso in partenza.’ (definire = separare)
L’INCONOSCIBILE è il nostro STATO NATURALE.
‘Il pensiero può creare qualunque esperienza desiderata da voi: beatitudine, estasi, dissoluzione nel nulla – che sono tutte esperienze’ – quindi definibili e che necessitano la conoscenza, cioè il pensiero, l’oggettivazione.
‘Io sono egoista’ – è un fatto. ‘Io voglio essere disinteressato ‘ – è una finzione.
Mette in ridicolo le frasi come ’il silenzio tra un pensiero e l’altro è la realtà’, perché è uno stato di assenza di pensiero indotto dal pensiero stesso! Se qualcuno esperimenta il silenzio dimostra che il pensiero è ancora attivo, il silenzio è un altro ‘pensiero’! Inoltre vi è l’impressione che ci siano due pensieri, ma in realtà c’è un solo movimento e ciò che crea la divisione è la definizione stessa che diamo del pensiero. Non si potrà mai sapere cos’è il pensiero ‘direttamente’ perché potete solo esperimentare il pensiero, attraverso ‘la conoscenza ‘ che ne avete e che è il bagaglio che vi hanno inculcato.
Alla domanda: ‘Cos’è il pensiero?’ La domanda si brucia da sola, perché non c’è che la risposta che già ‘sappiamo’. E al posto della domanda – che è materia – rimane solo l’energia, la manifestazione della vita. Il pensiero va solo usato per comunicare, non per definire o controllare i sensi. L’organismo è guidato dall’attività sensoriale ed è solo dopo la percezione che il pensiero interviene e crea l’entità illusoria ‘io’.
Prima di realizzare cos’è Dio o la realtà, devo capire la natura della mia struttura interna. E a quel punto capirete che non potrete mai esperimentare, catturare la verità, perché qualunque cosa facciate sarà solo una definizione dell’apparato mentale, non LA realtà. E se non si può esperimentare una cosa, non la si può nemmeno comunicare.
‘Prima di tutto c’è un assunto da parte vostra che ci sia una realtà, e poi che ci sia qualche cosa che voi potete fare per esperimentare questa realtà. Se non ci fosse la ‘conoscenza’, il sapere della realtà voi non potreste avere nessuna esperienza della realtà stessa.’
La stessa cosa vale per tutto, anche per quello che si chiama ‘coscienza’.
U.G. e la Coscienza
Cosa vuole dire la gente quando parla della coscienza? Non esiste una cosa come la coscienza. La tecnologia medica può dire perché una persona è incosciente, ma l’individuo che è incosciente non ha modo di sapere il perché. Quando esce da quello stato d’ incoscienza, ridiventa cosciente. Pensate di essere coscienti ora? Pensate di essere svegli? Pensate di essere vivi? È solo il vostro pensiero che vi fa credere di essere vivi, di essere coscienti, di essere svegli. Succede quando entra in gioco la conoscenza che avete delle cose. Voi non avete nessun modo di conoscere o di sapere se siete vivi o morti. Voi divenite consci delle cose solo quando la conoscenza entra in azione. Quando la conoscenza è assente, al pensiero, il quale finisce prima che la morte abbia luogo, non importa se la persona è viva o morta. Veramente non conta nulla se uno è vivo o morto. Naturalmente la cosa è importante per chi gli sta vicino, per coloro che hanno contatti ed affetti per quella persona, ma voi non avete modo di sapere se siete vivi o morti, o se siete coscienti o no. Voi diventate coscienti solo attraverso l’aiuto del pensiero.
Ma sfortunatamente esso è sempre presente. Il mio suggerimento che non sia possibile sperimentare niente per voi non ha senso, perché non avete nessun punto di riferimento. Quando manca il movimento del pensiero, tutte le domande circa la coscienza finiscono. Questo è ciò che intendo dicendo che le domande sono assenti. Come potete voi ottenere un cambiamento nella coscienza che non ha limiti, non ha confini, non ha frontiere? Gli scienziati possono spendere milioni e milioni di dollari, fare tutti i tipi di ricerche per trovare dove sia collocata la coscienza umana, ma non troveranno niente. Ci possono provare – stanno già spendendo miliardi per cercare il luogo dove la coscienza è collocata, ma le possibilità che ci riescano sono nulle. Non esiste quel posto negli individui; ciò che c’è, è solo pensiero.
Ogni volta che un pensiero nasce, voi create un’ entità, un centro, e quel centro vi serve come riferimento per sperimentare le cose. Se non c’è il pensiero, non è possibile per voi sperimentare nulla, e non potete mettere in relazione nulla con la cosa inesistente che voi stessi siete. Ogni volta che nasce un pensiero, voi nascete con lui. Il pensiero per sua natura ha vita breve, e quando è passato è realmente finito. Questo è probabilmente ciò che la tradizione vuole significare con i termini morte e rinascita. E non che muoia e rinasca quell’entità non esistente che pensate di essere.
La fine della nascita e della morte è lo stato di cui parlano tutti quei saggi. Ma quello stato non può essere descritto nei termini di beatitudine, amore, compassione e tutti quei nonsensi ben noti, perché non può essere sperimentato. Anche l’esperienza del mondo attorno a voi trae origine dallo stesso principio. Ci deve essere un punto ed è questo punto che crea lo spazio. Se questo punto non c’è, non c’è neanche lo spazio. Così tutte le vostre esperienze sono illusorie. Non sto dicendo che il mondo è un’ illusione. Tutti i filosofi Vedanta in India, particolarmente chi studia Shankara, sono soliti indulgere in questi frivoli nonsensi. Il mondo non è un’illusione, ma tutto ciò che sperimentate in riferimento a questo centro, il quale è esso stesso illusorio, è condannato ad essere un’ illusione; questo è tutto. La parola Sanscrita “maya” non significa illusione nei termini in cui usate la parola inglese. “Maya” significa misurare. Voi non potete misurare nulla, a meno che abbiate un punto. Se manca il centro, non ci sarà circonferenza. Questa è semplice aritmetica. Questo punto non ha continuità. Nasce in risposta alla domanda di una data situazione, è la situazione che dà origine a questo punto. Il soggetto non esiste là. È l’oggetto che crea il soggetto. Quanto dico va contro l’intero pensiero filosofico indiano. Il soggetto viene e va in risposta alle cose che stanno succedendo là fuori. È l’oggetto che crea il soggetto, e non viceversa. Questo è un semplice fenomeno che può essere sperimentato. Per esempio: se non c’è oggetto là, non c’è nemmeno il soggetto qui. Ciò che crea il soggetto, è l’oggetto. C’è la luce; se non ci fosse, non avreste modo di vedere nulla. La luce illumina l’oggetto, ed il riflesso di quella luce attiva il nervo ottico che a sua volta attiva le cellule della memoria. Quando le cellule della memoria sono stimolate, entra in gioco tutta la conoscenza che avete dell’oggetto. È quel processo che sta avvenendo, che crea il soggetto. Ed il soggetto è solo la conoscenza che voi avete dell’oggetto. La parola microfono è l’occhio. Non vi è altro là, a parte la parola microfono. U.G. non scriveva libri e le raccolte pubblicate dei suoi dialoghi informali non solo non ne chiedeva alcun diritto di autore, ma affermava che ognuno era libero di diffondere, interpretare, deformare ciò che lui dice e anche attribuirsene la paternità senza il suo consenso!
Ogni anno passava alcuni mesi a Gstaad in un piccolo appartamento, riceveva senza regolarità nel suo salottino numerosi amici e curiosi un paio d’ore il pomeriggio.
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Da “Mystique of enlightenment’’ (mistica dell’illuminazione) di U.G. Krishnamurti tratto dal suo sito:
Lo stato naturale
U.G.: Non sentirai mai il gusto della morte, perché non c’è morte per te: non puoi sperimentare la tua propria morte. Sei nato forse? La vita e la morte non possono essere separate: non avrai alcuna possibilità di venire a conoscenza dell’istante in cui l’una inizia e l’altra finisce. Puoi sperimentare la morte di un altro, ma non la tua. La sola morte è la morte fisica; non c’è morte psicologica.
Perché hai tanta paura della morte?
La struttura che ti permette di sperimentare non può concepire un avvenimento che non potrà sperimentare. Si aspetta anzi di presiedere alla propria dissoluzione, e quindi si domanda a cosa potrebbe assomigliare la morte – tenta di proiettare il sentimento di quello che potrebbe essere di non sentire niente. Ma per poter anticipare un’esperienza futura, la tua struttura ha bisogno di sapere, cioè di una esperienza passata simile che può richiamare alla mente per riferimento.
Non puoi ricordare cosa provavi quando non esistevi prima di nascere, non puoi ricordare la tua nascita, e così non hai una base per proiettare la tua futura non-esistenza. Per tutto il tempo che eri consapevole di vivere, sapevi di esserci e quindi hai la sensazione dell’eternità. Per giustificare questo senso di eternità, la tua struttura comincia a convincersi che ci sarà una vita dopo la morte – il paradiso, la reincarnazione, la metempsicosi e cose del genere. Cosa pensi che si reincarni? Dov’è questa tua anima? Puoi gustarla, toccarla, mostrarmela? Cosa c’è all’interno di te che va al cielo? Che cosa? Dentro di te c’è solo paura.
Che cosa t’impedisce di essere nello stato naturale? Non fai che allontanarti costantemente da te stesso. Vuoi essere felice ora e per sempre. Sei insoddisfatto dalle tue esperienze quotidiane e così ne desideri di nuove e diverse. Vuoi migliorarti, cambiarti. Cerchi qualcosa al di fuori per essere qualcosa di diverso da quello che sei ora. E’ proprio questo che ti porta via da te stesso.
La società ti ha messo davanti l’ideale dell’uomo perfetto. In qualunque cultura tu sia nato, ti hanno imbevuto di dottrine e tradizioni che t’insegnano come comportarti. Ti hanno detto che mediante alcune pratiche potrai eventualmente ottenere uno stato raggiunto dai saggi, dai santi e salvatori dell’umanità. In tal modo cerchi di controllare la tua condotta, i tuoi pensieri per essere qualcuno di non naturale.
Tutti noi viviamo in una “sfera del pensiero ‘’. I tuoi pensieri non appartengono a te, ma a tutti. Ci sono solo pensieri, ma tu crei un contro-pensiero, il pensatore, col quale leggi ogni pensiero. Il tuo sforzo di controllare la vita ha creato un movimento secondario di pensiero all’interno di te e che chiami “IO”. Questo movimento di pensiero all’interno è parallelo al movimento della vita, ma ne siamo isolati ed esso non potrà mai toccare la vita. Tu sei una creatura vivente, eppure passi tutta la vita all’interno di questo movimento parallelo e isolato del pensiero. Ti tagli fuori dalla vita e questo non è naturale.
Lo stato naturale non è uno “stato senza pensieri” – questo è una burla che dura da millenni fatta ai poveri Indù. Non sarai mai senza pensieri finché il corpo non sarà un cadavere. Pensare è necessario per sopravvivere. Ma in quello stato il pensiero smette di soffocarti e cade nel suo ritmo naturale. Non c’è più un “io “ che legge i pensieri credendo siano i suoi!
Hai mai osservato questo movimento parallelo del pensiero? I libri di grammatica ti diranno che “io “ è il pronome della prima persona al singolare, il soggetto; ma non è questo che vuoi sapere. Puoi osservare quella cosa che chiami “io”? E’ molto difficile da afferrare. Guardalo adesso, sentilo, toccalo e dimmi. Come lo guardi? E cos’è quella cosa che sta guardando quello che tu chiami “io”?
Questo è il nocciolo del problema: quello che sta guardando ciò che chiami “io” è…l’ “io”! Sta creando un’illusoria divisione di se stesso in soggetto e oggetto e riesce a continuare grazie a questa divisione. Quello che gli interessa è continuare ad esistere. Finché vorrai capire questo “io” o cambiarlo in qualcosa di spirituale, santo magnifico, quell’ “io” continuerà. Se invece non gli farai niente di tutto questo, se ne andrà.
Come fai a capire questo? Per praticità ho fatto un’asserzione:” Quello che stai osservando non è differente da chi osserva.” Cosa fai con un’asserzione come questa? Che strumento hai a disposizione per capire un’asserzione così illogica, senza senso, irrazionale come questa? Cominci dunque a pensare. Ma con il pensiero non capirai mai. Stai traducendo quello che dico dal punto di vista di quello che già conosci, come traduci qualunque altra cosa, perché vuoi cavarne qualcosa. Quando smetti di fare questo, ciò che rimane è quello che sto descrivendo. L’assenza di quello che stai facendo, cioè lo sforzo di capire o di cambiare te stesso – è lo stato che descrivo.
C’è un aldilà? Non sei interessato alle faccende quotidiane e a ciò che ti circonda, allora hai inventato un aldilà o l’eterno o Dio la Verità, la Realtà, l’illuminazione o che so ancora e poi ti sei messo a cercarli.
Può anche non esserci un aldilà. Non ne sai nulla in fondo; qualunque cosa tu sappia è perché te l’hanno raccontato o quello che ne sai già. In tal modo stai proiettando questa conoscenza; e qualunque conoscenza tu abbia sull’aldilà è esattamente quello che sperimenterai. La conoscenza crea l’esperienza e l’esperienza rafforza la conoscenza.
Quello che conosci non sarà mai l’aldilà. Qualunque cosa tu sperimenti non è l’aldilà. Se c’è un aldilà, questo movimento dell’ “io” deve essere assente. L’assenza di questo movimento è probabilmente l’aldilà, ma l’aldilà non potrà mai essere sperimentato da te; solo se l’ “io” non c’è, è possibile. Perché ti ostini a voler sperimentare qualcosa che non si può esperimentare?
Devi sempre riconoscere quello che hai davanti, altrimenti tu non ci sei. All’istante in cui “traduci” qualcosa, l’ ”io “ è presente. Osservi qualcosa e riconosci che è una borsetta, una borsetta rossa. Il pensiero, mentre traduce, interferisce con la sensazione. Perché interferisce il pensiero? E cosa puoi farci tu? Appena guardi qualcosa, quello che appare in te è la parola “borsetta” oppure “panchina” o ” l’uomo canuto seduto davanti a te”. Questo continua sempre e sempre, non fai che ripetere a te stesso tutto il tempo. E se non fai quello, ti preoccupi di qualcos’altro: ”Sarò in ritardo in ufficio”. Sia pensi a qualcosa che non ha alcun rapporto con il modo in cui funzionano i sensi in quel momento, sia osservi e racconti a te stesso: ”Questa è una borsetta rossa” e così in continuazione – è tutto quello che c’è. La parola “borsetta” ti separa da ciò che stai guardando e questo crea un “io”, altrimenti non c’è alcuno spazio tra i due.
Ogni volta che un pensiero nasce, tu nasci. Quando il pensiero sparisce, sparisci anche tu. Ma l’ “io” non lascia andare il pensiero e ciò che dà continuità a questo “io”, è il pensiero. In realtà non c’è nessun’entità permanente in te, nessuna totalità di pensieri ed esperienze. Pensi che ci sia qualcuno che pensa i tuoi pensieri, qualcuno che prova i tuoi sentimenti – ecco l’illusione. Posso dire che è un’illusione, ma tu non puoi dire altrettanto.
Le emozioni sono più complesse, ma è lo stesso processo. Perché ti racconti che sei in collera o invidioso di qualcuno o che il sesso ti tormenta? Non parlo di soddisfare o non soddisfare. C’è una sensazione in te e poi affermi che sei depresso o infelice, gioioso, bramoso, invidioso. Quest’etichetta crea l’entità fittizia che sta traducendo la sensazione. Quello che nomini “io” non è altro che la parola “borsetta rossa”, “panchina”,” lampadina”, “arrabbiato”, “felice”, ecc. Stai mettendo le cellule cerebrali a dura prova in un’attività inutile e continua, tale da distruggere l’energia che è a disposizione. Quest’attività ti esaurisce.
Questo modo di etichettare è necessario se devi comunicare con qualcuno o con te stesso. Tuttavia tu comunichi con te stesso tutto il tempo. Perché mai? La sola differenza tra te e la persona che parla da sola ad alta voce è che non parli a voce alta. Non appena cominci a parlare a voce alta, ecco che arriva lo psichiatra. Il fatto che sei in uno stato estatico o in un incredibile silenzio, significa che ne sei cosciente. Devi conoscere un oggetto per poterlo sperimentare. Questa conoscenza non è nulla di meraviglioso o di metafisico: “panchina”,” borsetta rossa” è la conoscenza che è stata introdotta in te da qualcun altro, che a sua volta l’ ha saputo da un altro. Non è la tua conoscenza.
Puoi forse sperimentare una cosa tanto semplice come la panchina davanti a te? No, tu sperimenti solo la conoscenza che hai dell’oggetto. Una conoscenza che viene dall’esterno. Tu pensi i pensieri della società, provi i sentimenti della società e sperimenti le esperienze della società. Non esiste un’esperienza nuova.
Dunque tutto quello che un uomo ha pensato o provato deve uscire dal tuo sistema. Tuttavia tu sei il prodotto di quella conoscenza – è tutto quello che sei. Cos’è il pensiero? Tu non lo sai affatto; tutto quello che sai è quello che ti hanno raccontato. Che cosa ne puoi fare? Controllarlo, plasmarlo, frenarlo? Stai cercando tutto il tempo di farne qualcosa, perché qualcuno ti ha detto che devi cambiare questo o quello, mantenere i pensieri buoni ed eliminare quelli cattivi. I pensieri sono pensieri; non sono né buoni né cattivi. Finché vorrai fare qualcosa con quel materiale, stai pensando. Volere e pensare non sono cose differenti. Voler capire significa che c’è un movimento di pensiero: stai aggiungendo slancio a quel movimento e gli dài continuità.
I sensi funzionano in modo innaturale in te perché li usi per ottenere qualcosa. Perché ottenere qualcosa? Soltanto perché vuoi dar continuità al tuo “io”. Tu proteggi quella continuità. Il pensiero è un meccanismo di protezione: protegge l’ “io” a spese di qualcosa o di qualcun altro. Qualunque cosa nasca dal pensiero è distruttiva: alla fine distruggerà te e la tua specie.
E’ il meccanismo ripetitivo del pensiero che ti sfinisce. Allora che fare? – è tutto quello che puoi chiedere. Questa è l’unica domanda e qualunque risposta io o chiunque altro possa darti, aggiunge slancio a quel movimento di pensiero. Non puoi farci niente. Ha lo slancio di milioni di anni. Sei totalmente indifeso e non puoi essere cosciente di questa impotenza.
Se pratichi un sistema di controllo della mente, automaticamente l’ ”io” è presente ed attraverso questo esso può continuare. Hai mai meditato seriamente? Se mediti sul serio, finisci al manicomio. E non puoi neanche praticare la consapevolezza di ogni istante. Tu non puoi essere consapevole: tu e la consapevolezza non potete coesistere. Se tu potessi restare non fosse che un secondo, in uno stato di consapevolezza, una volta nella vita, la continuità sarebbe sradicata, l’illusione della struttura pensante, l’ “io crollerebbe e tutto cadrebbe nel proprio ritmo naturale. In quello stato non sai che cosa stai osservando – questa è consapevolezza. Se riconosci quello che osservi, ecco di nuovo che sperimenti quello che sai.
Non so cosa sia che spinga una persona verso il proprio stato naturale e non un’altra. Forse è scritto nelle cellule. E’ senza causa. Non è un atto di volontà da parte tua, non puoi farlo accadere. Puoi sicuramente aver sfiducia in un uomo che ti racconta come ci è arrivato. Una cosa è sicura ed è che non può conoscere se stesso e non può comunicartelo. La funzionalità del corpo sarà diversa senza l’interferenza del pensiero eccetto quando è necessario comunicare con qualcuno. Come in gergo pugilistico si suole dire: “devi gettare la spugna”, devi essere totalmente impotente. Nessuno ti può aiutare e nemmeno tu lo puoi.
Questo stato non t’interessa: tu sei solo interessato alla continuità. Vuoi continuare, forse a un livello diverso e funzionare in altre dimensioni, ma devi pur continuare in qualche modo. Non lo prenderesti nemmeno con una pertica. Questo liquiderebbe quello che chiami “io” tutto quanto, il superiore, l’inferiore, l’anima, l’atman, il conscio e il subconscio, tutto quanto. Arrivi a un certo punto e dici: “Ho bisogno di tempo” ed ecco la sadhana (pratica religiosa) e poi dici anche “Domani capirò “. La struttura è nata dal tempo e funziona nel tempo, ma non finisce per mezzo del tempo. Se non capisci ora, non capirai domani. Cosa c’è da capire? Non puoi capire quello che sto dicendo. E’ un esercizio futile da parte tua, paragonare il mio modo di funzionare con il tuo. Non posso comunicarlo, non è necessario e tanto meno un dialogo. Quando l’“io” non c’è, quando la domanda non c’è, quello che rimane è la comprensione. Sei finito. Te ne vai. Non andrai più da nessuno che descriva il suo stato o a far domande sulla comprensione.
Quello che cerchi non esiste. Ti piacerebbe calpestare un suolo incantato con visioni beatifiche di una trasformazione di un ego inesistente, verso uno stato evocato da frasi che ti affascinano. Questo invece ti porta lontano dal tuo stato naturale – è un movimento che ti allontana da te stesso. Essere se stesso richiede grande intelligenza. Tu sei “benedetto” da questa intelligenza: nessuno può dartela e nessuno te la può togliere. Colui che le permette di esprimersi è un uomo naturale.
Domanda: Questo stato lei lo chiama “calamità”?
U.G.: Vedi, la gente crede che la cosiddetta “illuminazione” o realizzazione o come vuoi chiamarla, (non mi piacciono quelle parole) sia qualcosa di estatico, che ti renda per sempre felice, uno stato di beatitudine tutto il tempo – ecco cosa s’immagina la gente. Quando però una cosa del genere capita a qualcuno, egli realizza che non c’è alcuna base per una simile cosa. Quindi dal punto di vista dell’uomo che si aspetta una felicità perenne, una beatitudine eterna o quello che vuoi di permanente, è una calamità. Perché egli prevede un certo avvenimento, mentre quello che gli succede non ha niente a che fare con esso. Non c’è alcuna relazione tra quello che immagina e la situazione che c’è. Quindi dal punto di vista dell’uomo che si aspetta qualcosa di permanente, è una calamità – è in quel senso che io uso quella parola. Ecco perché dico spesso che se io potessi darti solo una vaga idea di cosa si tratta, non lo toccheresti neanche con una pertica di 4 metri. Fuggiresti da questo stato perché non è quello che vuoi. Quello che vuoi non esiste, lo vedi.
Allora la domanda seguente è: ”Allora perché tutti quei saggi parlano di “beatitudine perenne”, di “vita eterna” ecc. ecc. ? Non sono interessato a tutto questo. Ma l’immagine che hai di quello, non ha alcuna relazione con quello di cui sto parlando, lo stato naturale. Quindi la domanda se qualcuno è illuminato o meno, non m’interessa perché non esiste affatto l’illuminazione.
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Bibliografia
1. LA MENTE E’ UN MITO — Conversazioni Sconcertanti con un Uomo Chiamato U.G.: di: Giovanni Turchi. Pubblicato da: Aequilibrium, Milan, Italy. 1990.
2. L’INGANNO DELL’ ILLUMINAZIONE: di Tommaso Iorco. Pubblicato da: Aria Nuova, Torino, Italy. 1996.
3. IL PENSIERO E’IL TUO NEMICO: Dialoghi Sconcertanti sulla vita degli esseri umani. di: Giovanni Turchi. Pubblicato da: Aequilibrium, Milan, Italy. 1997.
4. IL FIORE RARO: U.G. come l’ho conosciuto io – di Pierlugi Piazza, 1997.
5. IL CORAGGIO DI ESSERE SE STESSI: Conversazione in Amsterdam con un uomo chiamato U.G. di Pierlugi Piazza, 1997.
6. IL CORAGGIO DI STARE IN PIEDI DA SOLI: Tradotto da Giovanni Turchi. Aequilibrium – Ing, Via Ciceri Visconti, 10 – 20137, Milano, Italy. 2000.
U.G.(Uppaluri Gopala Krishnamurti) mi ha ispirato e ripeto, riassumo… alcune frasi, che egli ribadisce più volte e che da sole bastano a bruciare ogni etichetta memorizzata!
Noi cerchiamo sempre di colmare il divario tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere; e con ciò generiamo uno stato di contraddizione e di conflitto in cui si perdono tutte le energie. Coscienza e incoscienza (quando sei’’ incosciente lo ‘’sai’’ forse?)= sei cosciente solo se lo SAI. Solo quando è in funzione il pensiero, ti fa credere che sei vivo. Se non pensi …sei vivo o sei …morto? Se non pensi, non c’è nessun punto di riferimento. La fine dell’illusione dell’ego è la fine dell’esistenza ‘’mentale’’ individuale. La coscienza infinita, cosmica = PENSIERO!! = 0
OGNI VOLTA CHE UN PENSIERO NASCE, NASCI TU: ossia crei un PUNTO (immaginario) da cui nascono esperienze mondo-cose(CONCETTI, CONVENZIONI IMMAGAZZINATI)… e se non c’è il pensiero come puoi riferirti a qualcosa che NON esiste?
FAI ESPERIENZA DEL MONDO DA UN PUNTO…IMMAGINARIO, DI RIFERIMENTO. CI DEV’ESSERE UN PUNTO E QUESTO PUNTO CREA LO SPAZIO. NESSUN PUNTO, NIENTE SPAZIO. Quindi ogni esperienza da questo punto è ILLUSORIA.
Non si può affermare intellettualmente che ‘’il mondo è un’illusione’’ ma dal momento che tutto quello di cui si fa esperienza è in riferimento a questo punto-illusorio- allora tutto è condannato ad essere un’illusione.
Il soggetto quindi non esiste ‘’di continuo’’ come si crede, ma (erroneamente)fa una sintesi di tutte le sensazioni-memorie ecc. e le lega insieme (in U.G. sono discontinue, indipendenti, a seconda del bisogno momentaneo). Le emozioni naturali(collera, tristezza, gioia ecc.)fanno il loro lavoro e …passano: il pacco di memorie immagazzinate, concretizza la credenza in un ‘’individuo’’ a sé stante.
TUTTO è MOMENTANEO: NON ESISTE (non è mai esistita) UN’ENTITà PERMANENTE. Quindi nessun ego per nessuno: senza continuità del pensiero, non ci può essere ‘’IO’’.
Ergo: tutte le discipline, terapie, psicologie, pratiche religiose ecc. sono solo modi di perpetuare un falso ‘io’, rafforzarlo a dimensioni stabili, creare perfino un “io spirituale” ancora più illusorio.
Si tratta non tanto di vivere assecondando le memorie e i dictat familiari e sociali, ma di “vedere” come si manifesta di volta in volta, tutto il funzionamento e automaticamente, anche se lentamente, la falsa identità si sgretola. Utile quindi l’accogliere qualsiasi ricordo doloroso, perché fa parte del soppresso, così il pacco di memorie prende luce, come un negativo delle vecchie foto, e sparisce in ‘’ciò che è’’.
Si tratta quindi di riunire nel vissuto quotidiano il divario che si è formato, accumulato e cementato. La sensazione dolorosa che ci compare sotto varie forme, si rivela più o meno la stessa dalla nascita o anche prima. Invece di accusare il prossimo, o le circostanze della vita, o colpevolizzarci, accogliamole come sono, come la pioggia o il sole, senza pensare o immaginare.
Poco alla volta, man mano che integriamo così com’è, qualsiasi difficoltà, si iniziano ad osservare emozioni e ricordi, come un film che non ci appartiene. Non per nulla i saggi ci dicono: “ogni problema è una benedizione camuffata!”
Utile a volte poter vedere come in un tema astrale(ma può essere altro metodo simile) si trovino già espresse tutte le sfaccettature soprattutto quelle che abbiamo sempre considerato ”esterne”, genitori, fratelli, partner ecc. e così pure tutti i momenti della pseudo-vita temporale che è colpita dai riflettori delle diverse energie momentanee – che anch’esse sembrano esterne, ma colpiscono-illuminano parti nascoste in noi (in modo dissimile invece quello che ci “sembra” esterno: persone-mondo). Se possiamo vedere tutto ciò in un grafico ”personale”, questo prova che sperimentiamo solo noi stessi, ossia quello che proiettiamo(pensiamo-sappiamo) sulle ‘’cose’’- che sono in noi stessi, nel nostro USB aggiornato dal concepimento in poi! Anche quello poi si rivela una finzione spazio-temporale.
Nella più infima particella ci sono mondi infiniti-diceva il poeta. In un grano di polvere… infiniti Buddha.
Poco alla volta c’è una specie di velo che si solleva e tutto scompare in un punto – che come dice U.G. – è l’inizio di un’illusione.
Il ricercatore si rivela un fantasma, un’invenzione.
Sono il tal dei tali, nato a… all’ora x… è in realtà solo il gioco momentaneo dei 5 elementi , un arcobaleno magnifico che evapora con l’apparire del sole. Dove lo spazio-tempo si dissolve da sé: la morte è ancora un pensiero, come la nascita.
Un bocciolo di rosa, fiorisce poi sfiorisce. Una nuvola si forma, passa e sparisce. Un pensiero si forma e scompare. Adesso, adesso, adesso… non è mai successo nulla.