ovvero SIMILITUDINI tra il racconto di “Alice attraverso lo specchio”, l’esperienza del peyote nel “Le porte della percezione”, il rimedio dell’omeopatia unicista Anhalonium Lewinii, la fisica quantistica, ecc.
Isabella di Soragna
Alice attraverso lo specchio di Lewis Carrol (frasi scelte)
Alice:-Facciamo finta che lo specchio sia soffice come una mussola, così che possiamo passare attraverso. Oh! Sta diventando come una specie di nebbia. Sarà facile penetrarlo.-
In effetti lo specchio stava sciogliendosi, evaporando proprio come una nebbia. Dall’altra parte, quello che vedeva nel salotto, appariva convenzionale e di nessun interesse.
……
Quando incontra la regina rossa, questa le prende la mano e comincia a correre così in fretta che Alice perde quasi il fiato.
-Più in fretta, più in fretta! – grida la regina. Ma, caso strano, il paesaggio attorno a lei non muta affatto.
– È normale – dice la regina- cosa credevi?-
– Ebbene nel nostro mondo, più si corre e più si arriva altrove.-
– Un mondo molto lento allora! Qui invece devi correre sempre più in fretta se vuoi rimanere allo stesso posto.-
Alice udì un suono come se ci fosse stata una locomotiva a vapore in azione.
– È solo il re rosso che dorme – disse Piripipù. – Sta sognando e che cosa sta sognando secondo te?-
– Nessuno può indovinarlo – disse Alice
– Ma certo, sta sognando di te. E se smettesse di sognare di te, dove credi che saresti?-
– Dove sono ora, naturalmente – ribatté Alice
– Niente affatto – disse Piripù sprezzante – non saresti in nessun luogo. Perché tu sei soltanto un qualcosa dentro il suo sogno! Se il re si svegliasse, tu spariresti e ti spegneresti – puff! – come una candela. –
– In fondo non serve parlare di svegliarlo o meno – disse Piripipò – dato che sei solo un oggetto del suo sogno. Sai molto bene che non sei reale!-
– Ma io sono vera! – disse piangendo Alice.
– E tu credi che quelle siano lacrime ’’vere’’?-
…….
Alice viene a sapere dalla regina rossa che nel loro regno si è giustiziati prima di essere giudicati e anche alcune settimane prima dell’effettivo crimine, poi… che le parole fissano al momento il loro significato, ma in realtà una sola parola ha tutti i significati che si vogliono dare.
Alice incontra il Re Bianco che le parla di una moltitudine di soldati sulla via, ma lei dice di ‘’non vedere nessuno’’.
-Magari avessi quel tipo di occhi! Essere capace di non vedere…nessuno!-
………
Alice si sveglia dal sogno e la regina rossa diventa… la sua gattina preferita e le parla così:
-Ma allora… consideriamo “chi” fu a sognare tutto questo? È una domanda seria: ero io o il re rosso? Egli faceva parte del mio sogno… ma anch’io facevo parte del suo! Ero io o il re rosso? Aiutami tu ad aggiustare questo pasticcio. –
La gattina continuò a leccare la sua zampetta. Allora?
Quale dei due pensate che fosse?
Finale dell’ultimo poema:
- La vita, cos’è, se non un sogno?-
Torno un attimo alla storia di “Alice nel mondo delle meraviglie”:
Alice: Oh! Cappellaio…temo che io e te non ci rivedremo.
Cappellaio: Mia cara Alice… nei giardini della memoria, nel palazzo dei sogni: ecco dove io e te ci rivedremo.
Alice: Ma un sogno non può essere realtà!
Cappellaio: Chi decide cosa è (reale) e cosa non è?
Cappellaio: Sei svitata vero?
Alice: È quello che mi dicono.
Cappellaio: Tutti i migliori sono matti.
Commenti vari raccolti su Attraverso lo specchio:
Se ci fanno una domanda, ad esempio di un viaggio, rispondiamo: “Era bello, era faticoso ecc.” Questo esercizio del giudizio è equivalente a una pandemia: estendiamo il giudizio che abbiamo delle cose, sulle cose stesse. In questo modo, però, gli oggetti perdono la loro identità e, con essa, quell’unicità che li rende “vivi”.
Ce ne possiamo accorgere in un attimo, basta chiedersi: quante e quali sono le cose alle quali non fai più caso?
Ognuna di esse testimonia un pezzettino della realtà circostante che è morto, perché privato della sua unicità, sovrastato dall’immagine di noi stessi sulle cose, dal nostro apparato giudicante, spesso “pre-giudicante”.
Alice ha il coraggio – simbolico – di attraversare lo specchio. Questo le dà accesso al Paese delle Meraviglie : nome non a caso è mirabilia, ovvero “ciò che si rende mirabile, (mirare=vedere) ossia visibile”, in cui ha la possibilità di parlare con i fiori, il gatto (stregatto), gli insetti (il brucaliffo) ed anche i mazzi di carte (pericolosissimi!)
Attraversando lo specchio, significa che Alice ci insegna che togliendo “noi stessi”(giudizi, memorie) dalle cose che ci circondano, noi restituiamo loro la dignità che la vita stessa ha dato loro e, con essa, anche un’autonomia da noi (dalla nostra attenzione ed energia), che li svincola e permette loro di tornare alla vita.
Alchemicamente parlando, questo atto comporta anche un enorme alleggerimento di zavorre psichiche, le stesse attraverso le quali tenevamo in piedi tutta la struttura della realtà percepita, al posto della realtà “vista”. Questa energia torna nelle nostre riserve e non solo: se prima la realtà attorno era morta, come tale non poteva nutrirci in nessun modo, mentre ora che le abbiamo restituito la sua vita, essa diventa nutriente.
(In che modo, una realtà “al di là dello specchio”, può nutrirci? Realizzando appunto che è un sogno.)
………………….
Alcune considerazioni, commenti, sul racconto di ALDOUS HUXLEY:
The doors of perception – Le porte della percezione
Il FIORE DEL PEYOTE
Aldous Huxley decide di assumere il peyote (o mescal) per vedere da ‘’dentro’’ quello che visionari e mistici raccontavano. Bisognava però tener conto dell’apparato mentale in cui avveniva, il temperamento, le idiosincrasie e le abitudini.
Riferisco alcune frasi-chiave:
– Nel mondo della mescalina non si trattava di avere visioni mirabolanti – come mi aspettavo – ma invece il miracolo che vide Adamo il primo giorno della creazione. –
– La definizione di Meister Eckhart (mistico e predicatore) era: ”Lo stato delle cose così come sono.” Platone aveva fatto l’errore grottesco di separare l’Essere dal divenire e identificarlo con l’astrazione matematica dell’Idea. Mai avrebbe potuto vedere un mazzo di fiori brillare di luce propria, una transitorietà che era vita eterna e che, per un indicibile paradosso, era la sorgente divina di tutta l’esistenza.
Suzuki, maestro zen, riassumeva questo così:
-Che cos’è il il Dharmakāya, il “Corpo del Dharma del Buddha?-
– La siepe in fondo al giardino.-
Luoghi e distanza cessano di avere interesse. E la stessa indifferenza si nota per il tempo. Si può suggerire che la funzione del cervello e del sistema nervoso e degli organi dei sensi sono eliminativi e non produttivi. A ogni momento una persona potrebbe percepire tutto quello che è successo, ovunque nell’universo. Infatti questi organi proteggono dall’essere invasi da queste conoscenze irrilevanti, chiudendo l’accesso alla maggior parte di ciò che potremmo ricordare in ogni momento, lasciando solo una selezione speciale di utilità pratica. Ecco che l’uomo ha inventato una serie di simboli che si chiama linguaggio. In tal modo questa consapevolezza ridotta lo induce a prendere i suoi concetti per fatti, le sue parole per cose definite. “Questo mondo” quindi è consapevolezza ridotta, pietrificata dal linguaggio. Il cervello possiede enzimi per coordinare il suo lavoro e alcuni regolano l’afflusso di glucosio. La mescalina inibisce la produzione di questi enzimi e abbassa il fattore glucosio per un organo che ne ha sempre bisogno.
1. I ricordi, il pensiero diretto rimangono.
2. Le impressioni visive sono intense come quelle di un bimbo con la sua innocenza percettiva.
3. Si trovano non interessanti le motivazioni che prima facevano soffrire o preoccupare. Ci sono cose migliori.
4. Queste ultime si trovano sia “fuori” che ”dentro”, simultaneamente.
5. Si presuppone che la persona sia in buona salute altrimenti può cadere in visioni paurose.
Quando il glucosio diminuisce nel cervello, il senso dell’ego s’indebolisce e ritrova l’infinito valore dell’esistenza in sé.
Gli artisti veri lo vivono naturalmente.
Ora ero il Non-sé, percependolo ed essendolo simultaneamente: gli ”altri sé” perdevano la loro importanza e così le considerazioni utilitarie degli ego, dei giudizi morali.
Si è più intensamente sé stessi: la mescalina apre la via di Maria Maddalena e chiude la porta di Marta.
Non si tratta di star seduto a non far nulla, ma di essere attivo in qualunque attività, completamente soddisfatto. La sola presenza è benefica per chi sta loro intorno, nel mondo di ego oscurati e con una mancanza cronica di questa facoltà. Nel mondo intimo non vi è mai monotonia.
Il nevrotico ego è finalmente lontano. Il timore dell’annientamento per alcuni può essere insopportabile, ed è la pressione della realtà, più grande della mente, poiché si è abituati a vivere in un mondo-nido, protetti dai simboli. Da un lato la separazione, dall’altra l’infinito. Ciò è menzionato nel Libro Tibetano dei Morti, – quando l’accompagnatore supplica il moribondo e poi colui che ormai si è spento, di non distrarsi mai – allorché la sua anima si spaventa davanti alla luce abbagliante della Vacuità: egli invece cerca rifugio nell’oscurità di un nuovo piccolo ego, che sia di un fantasma o di un animale. Tutto fuorché quella Luce abbagliante (illuminazione) in cui fondersi definitivamente. La trascendenza comunque si può trovare in vita nella pratica della meditazione e della disidentificazione dal corpo-mente.
Lo schizofrenico è un uomo sotto costante influsso di mescalina, ma incapace di chiudere la porta all’esperienza della realtà perché non è abbastanza purificato per viverla…-
……..
(…in un certo senso siamo tutti schizofrenici, poiché “inventiamo” costantemente personaggi, situazioni e cose che in realtà provengono dal nostro sistema.)
……..
-Quando si parla d’ illuminazione si tratta forse di una luce nel cervello medio – che si trova dietro il chiasma dei nervi ottici e agisce come una placca olografica. Le ghiandole endocrine, soprattutto pineale, formata da tessuto ottico, sono associate al fenomeno della coscienza, ossia il campo neuronale che si attiva e si apre.-
Da: Mysticisme et Physique nouvelle (Mysticism and New Physics)di Michael Talbot
(Inoltre, se tutte le cose sono percepite come unite, sacre, che senso ha la brama e il bisogno di affermarsi?)
………..
Vi è un’ultima riflessione che vorrei fare, quella del rimedio omeopatico, diluzione energetica, estratta dal cactus del peyote, chiamato Anhalonium Lewinii.
L’omeopatia cura “il simile con il simile”: se hai alcuni sintomi psico-fisici particolari che corrispondono a uno dei regni (vegetale, animale, minerale ecc.), il rimedio esatto, corrispondente a una diluzione dinamizzata dell’elemento, produce la guarigione. Ecco alcuni sintomi che richiedono questo rimedio:
-sentimento di non aver nessuna protezione né radice, un bimbo che si sente perso in un mondo indifferente, con paura di perdere l’esistenza(più forte della morte)
-fuga nell’Unità dell’ambiente, misticismo, estasi. Si ritira dalla realtà imposta.
-dissociazione: la sofferenza e di essere nel corpo è troppo dolorosa, insopportabile.
-svenimenti, troppa sensibilità nelle percezioni, il sistema nervoso sovraccarico, troppo aperto, capta ciò che non si dice. Angoscia. Il male altrui lo sente troppo.
– il ritmo e il suono del tamburo alleviano i sintomi.
– pensieri troppo rapidi, dimentica le parole.
-dolori alle articolazioni, anoressia, problemi endocrini e gastro-intestinali, allergie, freddo interno.
-schizofrenia, allucinazioni. Ecc.
Questa vacuità o assenza di radici, risentita fin dall’infanzia, crea traumi, anche se corrisponde al mondo del neonato, ma per poterla vivere da adulto – anche se sembra un paradosso – è necessario che ci sia prima il passaggio al mondo convenzionale, con un senso di protezione e sicurezza, per poter crescere armoniosamente e che in seguito si potrà agevolmente trascendere.
Vi sono schizofrenici – introversi non adattati a una società restrittiva dell’identità che li bombarda di realtà limitanti e condizionate – spesso curati in cliniche che li mantengono in uno stato di torpore – che si sono emancipati da medicine e terapie-choc, alcuni ricorrendo a sciamani di grande esperienza(lo sciamano è all’origine un disadattato che soffrendo molto, ha però risolto il problema e ora può aiutare i simili), alla ricerca di sé nel silenzio della natura, l’immersione nell’esperienza invece di bloccarla e a un’eventuale terapia con il ritmo dei tamburi rituali(v. descrizione del rimedio Anhalonium Lewinii e anche i lavori di Joseph Campbell e del dott.Pierre Weil in Brasile – l’Homme sans frontières)
C. G. Jung aveva sofferto di questo in gioventù e grazie a ciò poté elaborare le sue scoperte.
(Forse) non siamo mai nati
(considerazioni tratte dalla fisica quantistica che conferma quanto sopra)
Attraversando il mistero della vita mi accorgo che il confine tra l’esistenza e la morte è sfumato, ciò che non esiste non vuol dire che non c’è, come ciò che esiste non vuol dire che c’è, sembra un’asserzione paradossale, tuttavia la realtà non è che una sovrapposizione di stadi, noi ne viviamo solo una sua parte e crediamo che la nostra visione sia completa, così produciamo deduzioni prevedibili, indubbie, sicure.
Proviamo a immaginare due punti situati nello spazio – tempo a una distanza di 800.000 anni luce, l’idea classica che ne abbiamo è l’immensità oceanica che li separa, ma proviamo ad applicare la teoria della relatività, immaginiamo di poter distorcere lo spazio-tempo, di curvarlo, di restringerlo, così potremmo ridurre quell’infinita distanza a poche decine di millimetri, ed anche molto meno, sino a cancellarla. Sembra inverosimile, eppure è fisicamente possibile anche se non dagli esseri umani, ma da entità fisiche. La prospettiva classica dello spazio ne risulta sconvolta.
Se noi moltiplichiamo la fluttuazione della vita per l’incertezza della sua posizione che occupa nella storia dell’universo, otteniamo un processo d’indeterminazione che invalida le ragioni della nostra esistenza, anche se nel nostro macrocosmo tutto sembra essere soggetto a un’apparente determinazione, al rigore delle leggi e alle costanti di natura che regolano i flussi di energia.
Siamo stati dominati per secoli dal determinismo, dalla previsione quasi scontata di ciò che è il mondo, di ciò che è il suo costruttore immaginario, aprendo lo scenario a un cosmo regolato solamente da una catena di cause ed effetti. Crediamo non sia possibile che certi effetti non implichino alcuna causa, la meccanica del nostro universo ci appare tutta prevedibile come se non esistesse niente che non possa essere compreso attraverso una computazione classica. Eppure, accanto alla causalità si affianca la casualità, ciò che avviene per caso, spontaneamente, rispetto a ciò che è prevedibile.
Quando analizziamo un sistema in cui non è possibile mettere in relazione le fasi iniziali con quelle finali, poiché gli eventi seguono percorsi non previsti, allora ci troviamo di fronte ad insiemi non integrabili. “ …La teoria quantistica richiede una sorta di principio di causalità temporale inversa, in quanto l’osservazione effettuata oggi può in qualche modo determinare la realtà del passato remoto. Così scrive a questo proposito il fisico John Wheeler: – La fisica quantistica dimostra che ciò che l’osservare farà in futuro, definisce ciò che accade nel passato, che può essere remotissimo e precedere anche la comparsa della vita’. Wheeler qui attribuisce alla mente (=L’osservatore ) un ruolo fondamentale… e collega l’esistenza della mente nelle ultime fasi dell’evoluzione cosmica alla creazione stessa dell’universo… John Wheeler ammette l’ipotesi: che la decisione dell’osservatore di determinare un mondo ibrido potrebbe così venir dopo che quel mondo stesso ha preso ad esistere! (non ricorda un po’ Alice e il…peyote?)
–L’esatta natura della realtà – sostiene Wheeler – dipende dalla partecipazione di un osservatore consapevole. In questo modo è possibile far risalire alla mente la responsabilità della creazione retroattiva della realtà.-
John Wheeler citato in Paul Davies: – Dio e la nuova Fisica – Oscar – Saggi Mondatori pag 63 – 157
Nel nostro universo, al contrario di quanto si possa pensare, l’incertezza sembra predominare sulla certezza, noi non possiamo stabilire la posizione della nostra vita nella scala temporale, in ogni modo esistono diverse dimensioni temporali, noi ne attraversiamo solo una parte. Il determinismo non è che un aspetto marginale della realtà, mentre regnano incontrastate le fluttuazioni virtuali, proprio li si biforcano le verità.
Ogni verità è vera all’interno del proprio sistema di riferimento, altrove decade inevitabilmente. Tutto ciò che ci attraversa è l’indeterminazione.
La teoria dei quanti prende atto di questa indeterminazione: la sua conseguenza diretta è l’imprevedibilità… Il fattore quantico, però, rompe la catena delle cause: e fa si che si diano effetti prive di cause.
Paul Davies – Dio e la nuova Fisica – Oscar Saggi Mondatori pag 145
Quale luogo stiamo attraversando? Dove sono finiti i nostri morti, forse sia noi che loro non siamo mai nati, o nati e morti; come il paradosso del gatto di Schrödinger che è vivo/ morto. Se si sposta il criterio dell’osservazione, tutto cambia di prospettiva, potremmo essere o non esserci, forse viviamo in stati ibridi sovrapposti, ma ne percepiamo solo uno che definiamo reale. C’è consentito di osservare la realtà da un solo angolo di visuale. E’ come se esistessimo solo quando qualcuno ci osserva, mentre scompariamo dalla vita quando quel qualcuno – di cui non sappiamo niente della sua esistenza -, volge lo sguardo altrove. La nostra natura nebulosa e vaga acquista tonalità dense di colore, invece siamo meno consistenti del vuoto.
Id.
Paul Davies afferma che: “…secondo Bohr (noto fisico quantistico) l’indistinto e nebuloso mondo dell’atomo prende corpo nella realtà concreta solo quando lo si osserva. In assenza dell’osservatore, l’atomo è un fantasma: ma si materializza solo quando lo si cerca”.
Paul Davies op cit pag 147
Un tempo pensavamo che tutto fosse in qualche modo progettato, disegnato a priori, cioè che una qualsiasi organizzazione vivente non poteva che derivare da una complessità superiore. Oggi, invece, si abbracciano ipotesi del tutto contrarie: dalla disorganizzazione si va via via strutturando la complessità. È proprio lo squilibrio, la dissipazione dell’energia a offrire l’opportunità stessa dell’esistenza. L’universo è condannato alla morte poiché dissipa la sua energia spargendola verso l’infinito, ma è questa transizione che volge verso il suo decadimento a offrirci l’opportunità di esistere. Il vuoto si espande e l’universo si affretta, finché un giorno tutte le stelle si spegneranno e sarà l’era della notte, l’epoca del buio eterno. Ma se osserviamo la realtà da un punto di vista quantistico le cose potrebbero apparirci ben diverse, ciò non vuol dire che non sia vera questa realtà, ma è solo una delle tante realtà, le realtà esistono insieme, siamo noi che ne viviamo soltanto una.
Se non ci fosse il tempo stringeremmo ogni cosa in un lampo d’infinito. La realtà nella sua essenza profonda non appartiene ai sistemi integrabili. Le realtà sono instabili, sono disseminate in un ibrido di esistenza e inesistenza, tuttavia i loro frammenti di certezza tendono a decadere e dissiparsi nel vuoto. Così la vita nasconde nelle strutture più profonde l’indefinito, il virtuale, sembra strano che da questa fantasmatica apparenza possa essersi concepita l’esistenza.
Dalle fluttuazioni del vuoto l’intera vita evolve. Per comprendere questo apparente paradosso voglio solo fare qualche accenno alle particelle virtuali. Il vuoto non è vuoto, pullula di particelle virtuali e altre stranezze di cui ne sappiamo ancora poco, si può considerare come un mare increspato, o come una turbolenza gassosa, semplicemente che noi non riusciamo a vedere le sue onde, le sue frange, crediamo che il vuoto sia assenza di tutto. Le sue particelle saltano fuori dal nulla e si annichiliscono in tempi brevissimi, tanto da non essere direttamente osservabili.
Dal nulla nasce qualcosa e nel nulla questo qualcosa si annienta. La durata dell’universo potrebbe essere quanto il tempo infinitesimale di una di queste fluttuazioni, mentre per noi sembra presentarsi eterno. Vi immaginate quanto possa essere il tempo della nostra vita, se il tempo dell’universo che ci sembra infinito, è solo il tempo di una fluttuazione, un bip infinitesimale?
Il concetto stesso di durata, di eternità tende a dissolversi.
I sensi ci ingannano nell’osservare la realtà, soltanto le strumentazioni più sofisticate ci hanno permesso di esaminare la sua struttura.
Quanto più breve è il tempo che attraversiamo durante la nostra esistenza, tanto più la vita sembra non essere mai stata agli occhi dell’universo.
E’ un’onda la vita!
Anche noi nasciamo dal nulla e nel nulla ci dissolviamo, come le particelle virtuali, eravamo polvere di stelle, e prima ancora quanti di energia, fluttuazioni di vuoto.
Il tempo della vita si curva e poi scompare e la vita si dissolve come se non fosse mai stata, l’unica sua presenza è la traccia della sua assenza che macchia gli eventi, però ritorna il suo flusso, mentre l’energia dell’universo si dissipa al suo cospetto, è proprio la lenta morte termica del cosmo a rinnovare la vita. Così, mentre l’universo volge verso la notte eterna, la vita guizza di qua e di là, ma non sarà perenne, è solo un fenomeno sporadico che avrà in un tempo remoto la sua fine. Quando l’energia dell’universo decadrà, non ci sarà più nessun’opportunità per la vita.
Eppure, la realtà stessa è un’ombra, dipende da quale punto la osserviamo, esiste, non esiste…
Le anime sono presenze virtuali, hanno ragione sia i credenti, che gli atei, perché sono presenze e assenze, la loro vita come la nostra dipende solo dal punto di vista in cui ci situiamo quando la supponiamo. La realtà è confusa!
-L’universo quindi dovrebbe trovarsi nello stato di limbo quantico. Senza una mente quale quella predicata da Wigner che lo integri, l’universo non può che vagare in un’incerta condizione d’irrealtà: popolato di fantasmi, si sfrangia nella coesistenza ibrida di realtà alternative che si sovrappongono, nessuna delle quali è la realtà vera.-
Paul Davies op cit pag 164
-Se il tempo è relativizzato, vuol dire che noi transitiamo soltanto l’ombra della realtà. La realtà è una metafora, ci troviamo dinanzi a diverse curve temporali che s’intersecano e divergono, come la geometria del caos che segue traiettorie indistinte. Supponete di rappresentare il tempo attraverso una curva, ciascun tempo avrà una sua curvatura, immaginate che dentro una di quelle curve ci sia la nostra vita, noi vediamo solo una parte di una delle traiettorie, un dito d’universo, questo frammento d’orizzonte è ciò che osserviamo, le altre dita o curve ci saranno precluse.-
Id.
………………..
“…Un lanternino che proietta tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l’ombra nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo purtroppo creder vera, fintanto ch’esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte perpetua, dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell’Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione“.
Da: Luigi Pirandello “Il fu Mattia Pascal” XIII – Il Lanternino
………………………
– L’intervallo tra la nascita e la morte dell’uomo è talmente breve da considerarsi quasi nullo, se aggiungiamo a questo ciak o quasi nullità l’incertezza stessa della nostra posizione temporale, moltiplicandola per l’incertezza del nostro impulso vitale, e per il punto metaforico che occupiamo negli spazi dimensionali, possiamo concludere che la nostra presenza è virtuale. Forse bisognerebbe riscrivere la nostra storia.
La nostra storia prevede altri percorsi, ciò che la metafora della meccanica quantistica ha esportato nel mondo della cultura contemporanea, gli stati sovrapposti dell’esistenza, mentre la realtà che noi conosciamo è unidirezionale, segue solo un tragitto. Sembra un paradosso poter affermare che noi non siamo mai nati, che siamo vivi solo per il nostro sistema di riferimento e potremmo non esserci, se osservati da altri piani dimensionali, abitiamo una realtà nebulosa, tuttavia reale per noi forse senza alcuna origine, che fluttua fuori dal tempo, attraversa la curvatura del tempo e si annichilisce nel vuoto oltre l’eternità. Inoltre, non esiste un solo tempo, ma tempi diversi, mentre noi non siamo neanche un punto, ma la sua metafora.-
– Se due eventi, A e B, che avvengono in luoghi diversi, appaiono simultanei a un osservatore, un diverso osservatore vedrà invece che accade prima A e poi B; un altro ancora vedrà accadere prima B e poi A.
Quest’idea che l’ordine temporale di due eventi possa apparire differente a diversi osservatori, potrà sembrare alquanto paradossale.
Come può la pallottola colpire prima che il fucile spari?-
Paul Davies: op. cit. pag 174
-Cosa è un bip per noi, è proprio niente, e noi rispetto al tempo cosmico siamo infinitamente meno di un bip, ma l’aspetto più paradossale è che la fluttuazione della nostra vita potrebbe essere stata solo un sogno all’interno di un bip cosmico.
Il palco che divide l’esistenza dalla non esistenza è molto instabile, ciò che non esiste non vuol dire che non c’è, come ciò che non c’è non vuol dire che non esiste. Attraverso questa separazione binaria dell’esistenza noi abbiamo costruito solo un criterio delle verità, sgretolando la conoscenza in tante briciole di menzogne.
Cosa c’è oltre l’eternità?
Nel tempo reale, l’universo inizia e finisce in corrispondenza di una singolarità che costituiscono un confine dello spazio – tempo e alla presenza delle quali la validità delle leggi scientifiche viene meno. Nel tempo immaginario, invece, non ci sono né singolarità, né confini…L’idea per cui lo spazio e il tempo possono formare una superficie chiusa, ma priva di confini ha anche delle profonde implicazioni, per quanto riguarda il ruolo di Dio nelle vicende dell’universo. –
Stephen Hawking op cit pag. 130-139
–Essere nati vuol significare superare la cresta dell’inesistenza, essere una fluttuazione dello spazio, come un’onda del mare che ci porta sulla riva, però non siamo mai giunti nella battigia, siamo rimasti solo sull’onda fluttuante, mentre sogniamo la terra promessa.
Abitiamo l’involucro del tempo e non sappiamo che stiamo solo giocando alla vita.-
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Farò delle ultime considerazioni sugli argomenti menzionati qui sopra
Se in ogni pur minuscola parte del corpo(iride, mano, piede, ecc.) si trova tutta l’informazione – anche nel DNA, nel tema astrologico o numerologico – ossia in ogni dettaglio dell’individuo, dal concepimento alla morte, questa è una dimostrazione che ‘’tutto è qui-ora’’ e che lo spazio-tempo serve solo a poter leggere in modo (in apparenza) consequenziale tutto il percorso – altrimenti illeggibile – le tendenze, le problematiche e le risorse. Non si tratta di chiaroveggenza, ma di fatti concreti alla lettura dei simboli e delle energie dei cinque elementi variamente combinati. Ecco l’ologramma della vita: un laser(coscienza) che illumina in varie sfumature di sé, alcuni elementi-base ovvero miliardi di esseri, di forme viventi, pianeti ecc. che – grazie allo spazio-tempo – ci appaiono come una moltitudine fantastica che si svolge in qualche minuto, ora o milioni di anni, mentre in realtà è solo un raggio che crea un arcobaleno evanescente e che in un attimo svanisce.
Non è forse la descrizione… di un sogno?
Siamo solo l’Ignoto… che si veste di nubi evanescenti nominate vita.
Se ci sono due libri che mi hanno letteralmente stregato da adolescente, sono:
“Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello(di cui ho citato alcune frasi) e “La Hypnerotomachia di Poliphilo(amante di Polia) o pugna d’amore in sogno, ove mostra che tutte le cose umane non sono altro che sogno” edito nel lontano 1499 dal primo editore Aldo Manuzio e che scoprii nientemeno che nella biblioteca paterna. L’autore si celava – pena castighi…ecclesiastici pericolosi – sotto il nome di FRANCESCO COLONNA.
l’albero della Vita
Polifilo racconta come fu avvertito in sogno che egli dormiva e che dormendo si trovava in una valle chiusa da un recinto a forma di piramide sulla quale vi era un obelisco di meravigliosa altezza ch’egli guardò attentamente e con grande ammirazione.
Questo albero ai piedi del quale Polifilo trova riposo e il suo «sognare nel suo sogno» è il centro del mandala, l’omphalos della psyché, il luogo che permette all’animus di entrare in relazione con l’anima. Questa quercia rappresenta il re della foresta (v. C.G.Jung) ossia ciò che corrisponde alla sua luce o proto-Sé. L’albero della Vita o albero filosofico, crea rapporti con il centro del Paradiso terrestre, dal momento che l’IO cosciente vi è totalmente annientato.
spirale dorata
La descrizione che dà Polifilo della piramide indica l’impiego del numero d’oro nel suo essere eretto. Si può stabilire un rapporto ermetico fondamentale tra la sezione aurea e i tre principi alchemici. Si ricorda che la proporzione aurea stabilisce un rapporto tale che la più piccola parte di un insieme sta nello stesso rapporto con la più grande, come la più grande col tutto. Ecco la relazione:
(1)
ossia:
TARA BIANCA