di Isabella di Soragna
PRIMA DELLA COSCIENZA, prima di poter sentire e dire ‘’sono vivo, esisto’’, chi o che cosa sono? Un mese prima di essere concepito, mille, milioni di anni fa, o miliardi di anni luce… chi ero, che cosa ero? Dopo la morte del corpo dov’è finita questa sensazione e definizione? E durante il sonno profondo? E mentre sono immerso in un’azione che prende tutta l’attenzione?
Per prima cosa noto che il senso di essere vivi è intermittente ed appare solo quando “lo so”. È quindi solo un PENSIERO. Il primo pensiero che poi genera come una prolifica mamma coniglio una quantità di coniglietti. E che cos’è un pensiero? Un concetto, un’idea, una convenzione, tradotta in suoni e parole. Devo esprimere sempre un altro concetto per definirlo, all’infinito. Si tratta di retrocedere …oltre il Big-Bang! Ecco perché alcuni scienziati spendono miliardi per cercare un’origine che non troveranno mai, perché l’origine è proprio “ciò che sta cercando’’, l’occhio che non può vedere se stesso. Il gatto che rincorre la sua coda. Il pensiero è un movimento di neuroni, dopo l’apparire del nudo “io-so”, nell’ologramma di imitazioni, lezioni e ricordi aggrovigliati di un’identità fabbricata e presa per reale e così via, finché retrocedo fino al vuoto di definizioni possibili. L’ASSOLUTO INSONDABILE, (dei mistici) IL VUOTO QUANTICO (dei fisici moderni). Potenzialità infinita, ma imprecisa. Col “pensiero” in tal modo limito ‘’temporaneamente un qualcosa” che altrimenti si perderebbe nel senza limiti. Nella prima infanzia, come nel ventre materno, tutto era la mia continuazione. Sognavo in me stesso. Un mondo allucinatorio-direbbero poi – ma in realtà è quello che continua a seguirci in modi diversi, ma simili. Con il risvegliarsi della coscienza (mi sento vivo) e l’insegnamento parentale, poco alla volta, la materia confusa dei sensi si differenzia, acquista “nomi” e diventa il corpo e il mondo, ma separato da “me”. Imparo, conosco, so, ma perdo l’unità iniziale. Al risveglio la mattina, il senso di essere – grazie all’apparato sensoriale – genera una forma, un corpo che appare sullo schermo vistavision dello spazio attorno a me e lo definisco come “mio”; questi, a sua volta, genera percezioni e sensazioni che danno forma al cosiddetto mondo, all’universo in 3D, grazie alla creazione dello spazio-tempo che appare nel mio sistema. Allora il mondo si distanzia, si separa e mi identifico sempre più con… continua la lettura su riflessioni.it