Quando di notte svanisco nel sonno profondo, di cui non ricordo nulla, potrei essere viva o morta. Poi appare il sogno con le sue figure e situazioni che considero reali, tangibili e quando mi sveglio la mattina, è lo stesso: tutto quel che mi appare – dopo aver percepito per un istante un’assenza totale – mi sembra reale e tangibile. Allora provo a ‘’verificare’’ che cos’è questo senso di esistere, grazie al quale, quando le sensazioni si mettono in moto durante le giornate, si apre lo scenario del mondo che mi circonda come un immenso pallone trasparente, popolato da immagini in movimento. A volte è un quadro idilliaco, sereno, gradevole come lo sciabordio della risacca, a volte è uno scenario triste, pauroso, vedo un incidente stradale, assisto in televisione a scene di guerre, violenze, incendi, tsunami, eruzioni vulcaniche e quanto di peggio si possa immaginare. Ricado la notte nel sonno profondo simile alla morte, ma poi riemergo in un altro sogno breve e in un altro, più ripetitivo ancora, che riattiva la memoria di un quadro già noto. Questo alternarsi di fasi avviene dal momento dei primi anni dalla nascita – in cui emergo nel sogno individuale – fino alla scomparsa definitiva del senso di essere, il sonno profondo senza fine. È stato verificato con esperienze su individui, che per ognuno di noi, dal concepimento alla nascita vera e propria, vi è un succedersi di fasi assolutamente simili a quanto descritto sopra. Sono le fasi della gravidanza in cui il feto è immerso nel liquido amniotico e nuota abbandonandosi al dolce movimento delle acque materne. A volte vi sono movimenti o intossicazioni che creano malessere, ma non sempre. Poi inizia la fase di espulsione: si rivive uno stato di violenza, poi appaiono scene di battaglie contro giganti e divinità furiose – come nelle antiche mitologie – poi eruzioni, battaglie sanguinose e infine – all’approssimarsi dell’uscita dal calice materno – a volte la sensazione di respirare veleni mortali, un senso di prigionia, di blocco spaventoso. La vita cerca di staccare il feto dal grembo accogliente e sicuro, ma poi lo spinge verso un “impasse” che sembra soffocarlo. Bloccato in una grotta dagli odori mefitici. Alla fine un’ultima spinta ed ecco la liberazione definitiva: il respiro indipendente avviene con un urlo! Il cordone è infine reciso, rimane solo il filo d’aria, un invisibile cordone ombelicale, che ora lega il neonato al seno terrestre, la nuova madre. Ma non finisce qui. Tutto si ripeterà a periodi simili e alterni, secondo la fase in cui si è stati più coinvolti. Lo stato contemplativo sereno, poi le vicissitudini della vita riecheggiano in modo più o meno forte le fasi a volte difficili della gestazione, del parto e dei primi giorni di vita. Alcuni rivivono stati idilliaci per una parte dell’esistenza, altri lo stato di rifiuto, altri ancora il bisogno di uscire da una prigione, altri invece cataclismi, guerre e barbarie. È solo una ripetizione costante, è un ingrandimento cinemascope e tridimensionale di un periodo inerente a gravidanza e nascita. Il gomitolo in cui tutto è già contenuto qui e ora, si dipana nello spazio e nel tempo lineare cui crediamo.
Il cordone ombelicale, fatto d’aria invisibile, ma salvifico, si spegnerà definitivamente al momento di abbandonare il corpo. Tutto avviene come da copione, su scala gigante nell’apparente spazio-tempo lineare che appare lungo e complesso. Tutto era già nello script dal concepimento in poi. Se si va ad analizzare la situazione dei genitori al momento del concepimento, s’intravede già in embrione il genere di sogno che ci aspetta, con tutte le varianti, ma il nucleo contiene già tutto lo svolgimento.
In che modo avviene la formazione dell’illusione dello spazio-tempo?
Riprendo e concludo ciò che già scritto in altra sede: ci hanno insegnato fin dai primi mesi di vita che “io-tal-dei-tali” o la coscienza, sono un soggetto separato dagli oggetti che percepisco. Ci hanno regalato un nome che ci distingue, ci hanno indottrinato per poter agire, nutrirci e vivere normalmente: alcuni esseri tuttavia hanno resistito in parte a questo, e pur avendo imparato le cose essenziali alla sopravvivenza, sono rimasti nell’unità senza opposti, nel Soggetto-testimone ultimo, durante il quotidiano, resistendo all’educazione e alla conoscenza separativa fin da bambini, come Ma Ananda Moy, Sorensen il danese. Altri l’hanno realizzato all’adolescenza, indagando sulla morte e la validità del ‘’pensiero’’ come Ramana Maharshi e Stephan Jourdain, altri ancora dopo anni di riflessione.
Infatti la soggettività dell’Assoluto è l’ultimo testimone in ognuno di noi – relativamente appare come Soggetto – ma paradossalmente contiene in sé soggetto e oggetto che svaniscono in esso. La sua natura è di essere in totale unità con ciò che conosce – è testimone di tutto senza separazione alcuna. Non si può pensarla perché è ciò che produce il pensiero.
Abbiamo creato ‘’il sole e l’altre stelle’’ dai primi respiri o vagiti: la luce pura indifferenziata è diventata arcobaleno di colori, che poi ritorna a luce soffusa ovunque. Esattamente come alla morte del corpo, i cinque elementi che lo compongono. Gli attori che hanno recitato la loro parte ora possono sparire e tornare a casa.
Se il Testimone Ultimo si rivela introvabile, se è un punto convenzionato, inventato, il ricercatore automaticamente scompare. Le pratiche, le ascesi, la ricerca diventano inutili suppellettili. Qui si scopre che tutto è una leggenda che non ha mai avuto inizio.
I concetti sono simboli, etichette che descrivono, ma non sono gli oggetti. Se non ho mai visto un oggetto, non posso descriverlo e spesso – come avvenne alla visione di un film per un popolo selvaggio che non aveva mai visto case o automobili – l’unico ‘’oggetto percepito ’’ perché noto, fu solo un…pollo! La stessa cosa accadde per un popolo pre-colombiano, alla vista dell’arrivo dal mare di ‘’strani oggetti’’ che alla fine si rivelarono essere le navi degli spagnoli conquistatori. Siamo prefabbricati e indottrinati.
Siamo TUTTO, ma il problema è che vogliamo ”saperlo” e questo bisogno crea angoscia e divisione ulteriore.
Mi hanno insegnato che questo è un’’tavolo’’, ma è anche legno e anche …cenere allo stesso tempo.
Anche il vuoto dello spazio, come il “senso di essere” sono ancora concetti: indicano, sono relativi, ma non sono reali.
Andiamo oltre. Se qualcosa in me può osservare chi sta leggendo, questo dimostra che anche il proprio “io” è un oggetto di conoscenza e non il soggetto ultimo. ”Il percepito non può essere il percipiente” – diceva Huang Po. È un circolo vizioso.
L’Assoluto è infinito, include tutto, è senza spazio e non ha opposti, ossia è presente in ogni singolo punto dello spazio. Per l’Infinito ogni punto dello spazio è assolutamente QUI.
Lo spazio, che i nostri sensi e memorie ci mostrano, tra soggetto e oggetto, tra noi e la pagina che leggiamo, è assente nell’Infinito reale. È questo spazio che percepiamo a convincerci di essere un “soggetto qui” separato dal resto del mondo, dall’“oggetto là fuori”. Questo spazio sembra reale perché siamo convinti che il nostro sé soggettivo sia reale ed effettivamente separato dagli oggetti percepiti. Questo è falso poiché il soggetto osservante è anch’esso oggettivabile, un concetto, quindi falso.
In sostanza, quando cerco il mio Sé, vedo solo oggetti percepibili, quindi lo spazio tra soggetto e oggetto è assente nella soggettività Assoluta che è una cosa sola con l’universo conosciuto: non conosce, ma è ogni cosa e non essendoci separazione, non c’è nemmeno possibilità di uno spazio, che si rivela una sottile illusione. Siamo quello che osserviamo. Ciò che è senza spazio deve essere infinito.
L’Eternità è per il tempo ciò che l’Infinito è per lo spazio: l’eternità è totalmente presente – simultaneamente – in ogni punto del tempo. Tutto il tempo è ORA come per l’Infinito, lo spazio è QUI.
Se consideriamo la visione della fisica quantistica, lo spazio non è un nulla senza forma, ma è ciò che circonda e racchiude gli oggetti ( da uno spillo a un grattacielo, fino a un astro): lo spazio dunque non può esistere senza gli oggetti e viceversa. Inoltre, per poter esistere, gli oggetti devono avere “durata” o tempo, altrimenti nulla sarebbe percepibile. Ne risulta che spazio, tempo e oggetti sono dipendenti e inseparabili, l‘irrealtà di uno dei componenti implica l’irrealtà degli altri due!
La mente, il pensiero, ha bisogno del tempo, è lineare, successivo, mentre il mondo reale è simultaneo, ma difficilmente percepibile dal sistema psico-fisico. Le “cose” sono il prodotto del pensiero, ossia un’attenzione ridotta e selettiva, che dimentica lo sfondo in cui avvengono e non entità reali che compongono l’universo, aspettando di essere percepite una volta o l’altra. Se il nostro sistema nervoso e sensorio, le memorie indotte, sono alterati, il mondo non è il medesimo. La natura stessa non procede linearmente, nel tempo, ma tutto accade simultaneamente: il sole brilla, l’uccello canta, l’erba cresce, il cane abbaia, il cuore batte… il senso di ”successione” è dovuto alla memoria che ne crea l’illusione: senza memoria niente tempo. Se ricordi qualcosa è sempre nel presente, non siamo affatto direttamente coscienti di un vero passato.
Allora il passato è un ricordo, il futuro un’aspettativa, ma tutti “presenti”, ora. Lo confermano sia S. Agostino che il fisico Schrödinger. Quest’ultimo diceva: ”Il presente è la sola cosa che non ha fine!” ecco l’Eternità in due parole.
Si è mai trovata l’origine del mondo e del tempo? Parlano del Big Bang, ma se c’era stata un’esplosione iniziale, doveva pur esserci qualcosa ‘’prima’’ e prima ??? Nessuno l’ha mai trovata.
Tutti “siamo” questa Assoluta Soggettività, ma il conoscitore ed il conosciuto sono un unico inseparabile evento. Se si va in fondo, in fondo, alla base della coscienza trovi l’universo, non il falso universo degli oggetti esterni, ma l’universo reale mai separato tra soggetto e oggetto. L’osservatore sparisce nell’osservato che a sua volta si dimostra irreale. Non c’é mai stato tempo o spazio divisorio. Ecco perché l’Assoluto è irraggiungibile: non puoi raggiugere – cosa che implica separazione – ciò che già sei…totalmente e dunque NON oggettivabile o conoscibile!
Non siamo mai stati degli ego intrappolati in un corpo: tutto questo è ancora reminiscenza del processo di gestazione e nascita…di un’ipnosi collettiva, che si rivela quindi mai esistita. Appare, ma non ha realtà.
“Cos’eri otto giorni prima del tuo concepimento? – ripeteva spesso Nisargadatta Maharaj. Ecco quello che sei ora e sempre.”
Se riusciamo a deprogrammarci, non si tratta di diventare zombie o fantasmi, ma di agire nella consapevolezza costante che stiamo vivendo un’ipnosi, che non è la nostra Vera Natura: è solo un film già girato che ci fa ridere o piangere, ma non intacca mai l’Essenza Immacolata inconoscibile che siamo.
Si parla di Immacolata Concezione: ecco la Maya mai concepita e pur operante nel sogno della gestazione, del parto e della vita, che sia di un minuto, di un’ora, di un giorno o di cento anni. Abbiamo tuttavia verificato che lo spazio-tempo è solo un concetto del Qui-Ora-Sempre. Lasciamolo agire senza intervenire inutilmente, senza ingombrarci né di attese né di rimpianti.
Il richiamo della VERA libertà, della vera Natura, può prendere apparenze ingannevoli, quando cerchiamo la libertà attraverso i sensi, la droga o l’avventura pericolosa. La vera libertà è uscire dall’ipnosi che ci siamo involontariamente creati.
Non si tratta di magnificare la malattia di Alzheimer, ma di vedere che se il nostro ‘’apparato psicofisico” si deteriora, tutto scompare nel qui-ora senza ricordo.
“Momento senza durata, punto senza estensione, il mezzo aureo, la via inconcepibile dalla morte all’immortalità.”