Stephen Jourdain
traduzione di Isabella di Soragna
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traduzione del video Stephen Jourdain di Isabella di Soragna
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VIDEO DI STEPHEN JOURDAIN – PARTE 1
VIDEO DI STEPHEN JOURDAIN – PARTE 2
VIDEO DI STEPHEN JOURDAIN – PARTE 3
VIDEO DI STEPHEN JOURDAIN – PARTE 4
Acqua di un ruscello che scorre…
Stephen Jourdain: Vuoi sapere che riflessioni mi ispira tutto ciò? Te lo dirò. La prima riflessione è che l’acqua non dice mai fesserie. La seconda è che chiunque si trovi più o meno in buona salute, non può avere altra ambizione nella vita che quella di guardare scorrere l’acqua: l’Ultima Meta, l’Illuminazione, Dio, appaiono a paragone dell’acqua come qualcosa di essenzialmente frivolo e poco interessante.
Stephen Jourdain e Gilles Farcet
in un film di Malo Aguettant.
Stephen Jourdain: Da qualche anno – non voglio impiegare il termine di insegnamento che è un termine avvilito, pretenzioso e insopportabile – l’idea di trasmettere qualcosa, comincia a farsi strada in me. La mia passione, direi quasi il mio mestiere è quello di testimoniare con il linguaggio umano più semplice, questa realtà; il che è terribilmente difficile, perché in fondo a noi c’è un’evidenza così trasparente a se stessa che rappresenta tutti i valori che potranno sbocciare nel mondo, parlo qui della radice di tutti i valori e chiunque ha questa cosa in sé, è in certo qual modo, il guardiano della radice di tutti i valori che potranno manifestarsi nel mondo. È qualcosa di infinitamente prezioso, non esistono parole per spiegare quant’è preziosa. Quindi è la mia passione, quella di testimoniare questa radice, con dei termini che non siano vaghi o generali.
Acqua che scorre….
Questo cammino esiste, ma è lungo e difficile come per raggiungere la cima di quella montagna. Non c’è una ricetta-miracolo. Se ci fossero delle ricette-miracolo, esse avrebbero per noi sensibilità ed intelligenza, ma non si può pretendere che siano delle cose facili.
La mia infanzia è stata costellata da ciò che più tardi ho chiamato ”istanti privilegiati” o estasi, che ho vissuto come fatti completamente naturali. Ero bambino e cosa potevo farne di queste estasi da bambino? Ci giocavo. Non vedevo alcuna differenza di superiorità tra il fatto di giocare alle…estasi o quello di giocare a guardie e ladri. Era la stessa essenza. Più tardi, molto più tardi, a 30 o 35 anni, ho scoperto che non ero universale, mentre ero persuaso che tutti erano come me ed era per discrezione che le persone non ne parlavano. Ho scoperto che stranamente ciò mi rendeva diverso. Questo fatto mi ha stupito e preoccupato.
Gilles Farcet: L’hai raccontato più volte: è a 16 anni che ti è successo un fatto, un avvenimento o un non-avvenimento radicale.
S.J.:Sì, fu proprio così. Era un momento della mia vita in cui culminava questa adesione a me stesso ed alla mia umanità. Ero straordinariamente felice, avevo per me un grande amore che mi permetteva di amare i miei genitori, – non tanto i miei simili, che per me è un’astrazione, amo invece delle persone concrete – e ciò mi permetteva di amare la vita. Ero in posizione di non-rifiuto, d’amore per la vita e d’adesione a me stesso.
In un litigio, in un gioioso alterco con il “Cogito ergo sum” di Cartesio che mi aveva permesso di raggiungere una concentrazione assai profonda, in fondo a questa concentrazione che non era fatta in modo negativo, ma era invece qualcosa d’appassionato, che mi faceva scoprire a passo a passo il mio nutrimento, dopo ore interminabili di meditazione su questo…
G.F.:…”Penso dunque sono” ..è un po’ ciò che chiamano un “koan”, (nel buddismo zen) vero?
S.J.: Ho saputo più tardi che questo era assimilabile ad un koan. Dunque rimuginavo nella mia testa:”Penso dunque sono”. Questa piccola frase misteriosa sembrava possedere un segreto che toccava la mia identità più profonda. Ma di nuovo, facevo questo con passione, divertendomi moltissimo, cosa che mi ha permesso certamente di andare al di là del limite ragionevole, in questo sforzo di non badare alla ragione e buon senso e continuare invece questa ricerca appassionata – allorché era evidente che non avevo nessuna speranza di arrivarvi, dato che ero morto di stanchezza e che avevo l’impressione di trascinarmi intellettualmente su ginocchia sanguinanti – finché …forse dopo una, due ore…non so dopo quanto tempo, si è prodotto un avvenimento miracoloso che ha sconvolto la mia esistenza in una frazione di secondo. Un nuovo io, un principio nuovo si è rivelato alla velocità di un lampo e da allora questo principio è là e non è mai svanito. Una rivoluzione inimmaginabile. Non bisogna credere che questa rivoluzione abbia discreditato la vita ordinaria o la più semplice umanità. Al contrario, questa rivelazione straordinaria è avvenuta ”raso terra ” alle cose e ai sentimenti umani. Non è una stella che si drappeggia nella sua dignità d’astro e che disprezzi le povere cose terrestri. È al contrario la cosa terrestre che si sposa con se stessa, e da queste nozze con se stessa nasce qualcosa che merita il nome di Dio, se qualcosa potesse meritarlo.
Se mi avessero parlato di misticismo, prima di allora, sarei svenuto dalla paura. Ancor oggi questo nome ha per me una connotazione negativa. La mia famiglia lo considerava come pensiero di bassa lega, una profonda dimissione da ogni forma d’intelligenza. Invece questo era in realtà l’apogeo dell’intelligenza e della sensibilità e non il contrario. È una discriminazione suprema, ma che non genera – salvo che sia falsa o corrotta da qualcuno – nessuna forma di sdegno verso la vita umana. Anzi è la vita umana nella sua semplicità e concretezza che entra in collisione con se stessi. Non è solo lo spirito che entra in collisione con se stesso, ma è il tizio tutt’ intero, compreso ”l’io ” che con un termine un po’ peggiorativo si chiama ”empirico” – …dunque l’io empirico è lì e l’uomo sprofonda come un telescopio, interamente in se stesso; da questa collisione nasce la scintilla ed è ciò di cui parlo e che sono. Questo è il culmine, la brusca nascita dell’uomo e non il contrario.
Steve guida la macchina.
Cavalli che pascolano in un prato, uccelli che cantano…
Siamo seduti qui in un paese, no…sull’erba, in un luogo che non ha nome, che non ne ha mai avuto e non ne avrà mai, perché è anteriore alla geografia. Non c’è geografia. Non sono poi così sicuro che le nozioni d’universo non siano un’invenzione. Tutto questo mi fa pensare molto all’Eden…
Stephen passa l’aspirapolvere.
G.F.: Steve, ”risvegliato” a 16 anni, hai raggiunto l’Ultima Meta ad un’età precoce. Hai continuato a giocare a biliardo, a golf, a far la corte alle ragazze. Poi ti sei sposato, hai avuto 4 figli e hai oggi 4 nipotini. Hai esercitato una professione durante la più gran parte della tua vita, come agente immobiliare a Montparnasse, a Parigi. Che rapporto hai con la tua vita, con la tua propria storia, con la tua biografia?
S.J.: Degli ottimi rapporti. Erano già fraterni, ottimi durante la mia infanzia, prima che questo fatto mi piombasse addosso, ma sono ancora migliorati, più intimi e felici da quando questa ”cosa” mi è piombata addosso. Questa ”cosa” – contrariamente a quanto si pensi – non provoca un ”taglio” nella vita quotidiana, nell’umile vita terrena, ma al contrario le dà una posizione solida.
G.F.: Hai fatto una volta il paragone del romanzo e del lettore. Vedevi la tua vita come un romanzo di cui eri il lettore.
S.J.: Proprio così. Lo zampillare di questo risveglio, di questa ”cosa” (tra virgolette) nei rapporti con la mia vita, fu di risanarla, di espellere dalla mia vita tutto ciò che era negativo e che pretendeva di esistere in sé, fuori, indipendentemente da me stesso, fuori dalla mia mente. Ormai la mia vita, da quando ciò ha zampillato, la vivo ancor più pienamente nella mia umanità. Non vivo in superficie, ma completamente, vi sono impegnato, pur beneficiando di questo distacco magico che è quello del lettore in relazione al libro che sta leggendo. Non è perché sai che stai leggendo un libro, che sai stai leggendo una finzione, che il cuore non si mette a battere quando l’eroe in cui ci si identifica, si innamora perdutamente e riesce a conquistare la beneamata. Ci si casca in pieno, ma si sa che è un romanzo, una finzione.
G.F.: Fai a volte l’elogio della ”mediocrità” (tra virgolette), della piccola umanità. Dio, dici, è piccolissimo.
S.J.: Sì, è importante. C’è una concezione che per me è perversa e che presenta il Risveglio o Realizzazione, Dio o altro, quasi come una specie d’aristocrazia che guarda dall’alto con condiscendenza e disprezzo le cose terrestri senza importanza. Tutta l’importanza è invece nelle cose senza importanza. Effettivamente bisogna stare molto attenti a non schiacciare Dio per disattenzione, perché è piccolissimo. La culla, la dimensione del sacro è la dimensione più umile che esista. Il sacro è sacro, Dio ha la grandezza di Dio…se si usa questo linguaggio, ma non si può incontrare questa cosa smisurata che nelle piccolissime cose. Dunque Dio è raso terra.
G.F.: Poichè Dio è raso terra, è forse per questo che ti piace tanto far le pulizie in casa?
S.J.: Sì, è una delle ragioni. Mi piace passar l’aspirapolvere, come sai sono un uomo di casa abbastanza in gamba e le cose umili miserabili e triviali che un filosofo, spiritualista degno di questo nome, guarderebbe con condiscendenza, io non le guardo con condiscendenza. Ti assicuro che quando passo l’aspirapolvere, faccio corpo con me stesso, quando l’adopero.
G.F.: Cos’è in una parola questo ”risveglio o realizzazione”, di cui la tradizione ci ha tanto parlato?
S.J.: In 2 o 10 parole significa: nel bel mezzo della chiarezza di questo cosiddetto ”stato di veglia”, è svegliarsi di soprassalto, come se questo stato di veglia non fosse in realtà che sonno o sogno.
G.F.: Per avvicinarsi, per così dire, a questo risveglio, ci sono forse dei gesti interni da fare? Insisti molto sulla differenza tra coscienza e pensiero.
S.J.: Sì, ci sono dei comportamenti interni che favoriscono lo sbocciare di questa ”cosa”. Essenzialmente…vediamo, che parola si addice loro? È la coscienza. Si può considerare che questo stato di coscienza abituale che si suole chiamare ”essere svegli” è una sincope della facoltà di coscienza. Crediamo di essere svegli, quando in realtà questo stato di veglia è paragonabile ad un raggio di luna in confronto al sole di mezzogiorno. Allora questo è ”coscienza”. La natura dei comportamenti che permettono di avvicinarsi a quest’incendio è l’uso costante e testardo della facoltà di coscienza. Allora si arriva alla domanda: – Che cos’è la facoltà di coscienza e come distinguerla dall’invadente facoltà del pensiero?-
È vero che è una grande domanda. Allora si può dire rapidamente su questo argomento: la proprietà della coscienza pensante è una conoscenza a distanza che comprende molto lontano da sé, all’esterno di se stessa un dato – che per essenza è un ”non-me” – e questo è un ”non-me” puro – mentre la conoscenza cosciente non ha distanza, è immediata, percepisce un dato che è all’interno e che è fondamentalmente me s t e s s o.
G.F.: Se si accetta ciò che hai appena detto, significa che hai un rapporto completamente diverso da tutto ciò che normalmente è la vita umana, per esempio, la tua morte, ti appare in modo diverso?
S.J.: La mia morte mi appare diversa, mi appare nella sua vera natura, come un pensiero che si sta schiudendo nel fondo di me stesso. Cosa resterebbe della mia morte o di quella degli altri o della morte in generale, se le togliessi questa carne, la materia di cui è fatta, cioè se le togliessi il pensiero. Non ne resterebbe nulla. La morte è u n p e n s i e r o. Ogni oggetto di paura che pretende essere situato fuori dalla mia coscienza, se lo guardo attentamente senza pregiudizi, allora devo ammettere che questo oggetto terrificante per me, è riducibile ad un puro pensiero: cioè è l’estensione del mio principio, è solo un po’ del mio vapore, cioè n i e n t e.
G. F.: La morte non esiste?
S.J.: La morte non esiste, ma questa deduzione è molto sospetta perché la si potrebbe vedere come base di una dottrina, ora in realtà non c’è né base né dottrina.
G.F.: Non c’è neppure nessuno per formulare una non-dottrina.
S.J.: Non c’è nessuno per formulare la non-dottrina, ma in fondo è già fondare una dottrina!
Suona il pianoforte…
G.F.: Proviamo a prendere un esempio concreto. Mi sveglio e mi sento vagamente depresso, oppure triste, niente funziona…questo stato mi sembra molto tangibile, solido. In quei momenti, come mi posso servire di ciò che hai detto or ora?
S.J.: È vero che i nostri stati d’animo, ciò che viviamo o crediamo di vivere internamente, gli stati d’animo soprattutto nefasti, si presentano come se avessero una realtà propria, che può essere opposta alla nostra realtà. Vale a dire sono infelice, o mi annoio, o mi faccio del cattivo sangue, oppure ho lo spirito in ebollizione e m’inchino a questo modo di essere interno, come se fosse un fatto, un fatto oggettivo. In realtà non c’è traccia d’oggettività. Tutto quello con cui scendo a patti è in realtà un po’ della mia stessa sostanza che ho coagulata e che ho messo davanti a me. Se sono un po’ perspicace e attento, potrò scoprire che ciò che ho piantato lì davanti a me, è solo un po’ della mia stessa presenza che fa schiuma e null’altro. E dunque sono solo in me stesso e credendo di negoziare con una cosa così gentile quanto una corazzata nemica o un tiro di mortaio – ed è proprio così che viviamo!- se osserviamo bene, la corazzata ed il tiro di mortaio, se osserviamo bene il NE-MI-CO, vediamo che questo nemico è riducibile solo a noi stessi. Non c’è mai stato un nemico! È un sogno.
G.F.: Metti dunque in discussione lo stesso stato di ”substrato oggettivo ”?
S.J.: Metto in discussione nella sua manifestazione più sottile e perversa la realtà oggettiva, la sedicente realtà oggettiva dei nostri stati d’animo, qualunque essi siano!!
Mi strappo interiormente i capelli, perché ineluttabilmente i miei sforzi per raggiungere me stesso, sono messi in fuga dal pensiero che mi trascina ineluttabilmente a fondo valle. Ciò è nefasto! Non c’è un atomo di verità in questa situazione. Questa situazione interiore è interamente irreale e non possiede che la realtà che io le inietto. Tuttavia è necessario che lo sappia, che le sto iniettando questa realtà. Ecco il trucco! Allo stesso modo, se si prende un avvenimento fasto, piacevole, il che è eccezionale, per esempio…ecco, immaginiamo in uno sforzo di meditazione, comincio a sentire l’avvicinarsi dell”’Avvenimento supremo, del Risveglio Ultimo”, allora credo ad una situazione fasta, come se fosse oggettiva, separata da me, esistente di per sè. Invece non è che un po’ del mio vapore, niente di più ed essa è fondamentalmente irreale.
G.F.: Dunque al contrario, più lascio passare questi pensieri come nuvole, meno inietto loro della realtà.
S.J.: Certo. Se li lasci stare invece di afferrarli, li lasci passare, allora in quei momenti rimetti in questione la nostra credenza fondamentale in una realtà oggettiva dei nostri stati d’animo, cioè rimetti un questione la realtà oggettiva della durata interiore. La durata interiore è una durata completamente fittizia, paragonabile a quella di un romanzo, dunque non c’è in realtà una successione, o uno sgranarsi di istanti, c’è solo un’ipotesi di tali cose… è puramente fittizio.
G.F.: In fondo non è ciò che si dice, nella loro essenza in ogni caso, nella maggior parte delle tradizioni, quando si parla di ”abbandonare” il lato ritualista…?
S.J.: Non posso risponderti, perché non conosco queste tradizioni, ma posso immaginarlo. Si può supporre che ogni tradizione ponga delle radici – nonostante le forme un po’ sconcertanti che hanno preso in seguito, qualunque sia la degenerazione che abbiano subìto – e che all’origine di queste tradizioni c’è una stessa scoperta fondamentale, cioè questa: – i nostri stati d’animo, fasti o nefasti che siano, non hanno alcuna realtà propria. In genere questo s’inserisce in una scoperta più vasta, fulminante, che brucia il nulla, il quale è costretto a ritornare nel proprio seno, ad …annullarsi! È la scoperta più generale che la nostra credenza – che non riusciamo a sradicare – nell’esistenza di una sostanza o substrato oggettivo, separata dal nostro spirito, è infondata. Non c’è né un substrato oggettivo, né una conoscenza oggettiva.
G.F.: La degenerazione di queste tradizioni non dipende dal fatto che queste tradizioni hanno fatto di queste cose essenziali che ci propongono, proprio un substrato oggettivo?
S.J.: Certo! Esatto. Il vizio è proprio qui. Questa degenerazione, questo degrado sembra quasi ineluttabile, poiché questi dialoghi così pertinenti, le cose di cui stiamo discutendo così bene, tenderanno ad acquistare una sostanza o realtà propria. E quindi fin da quel momento bisognerà bocciarli senza pietà.
G.F.: Questo modo di vedere le cose, di situarsi in rapporto alla realtà, non finisce inevitabilmente in una forma d’umorismo nella vita quotidiana?
S.J.: Certo. Che cosa c’è di più divertente di distruggere degli idoli, di fare un atto sacrilego? Può essere buffo vedere un tipo per strada che legge il giornale andare a sbattere contro un lampione. Già questo è molto buffo, ma vedere Dio, l’Ultima Méta, le strutture ultime del Reale sgonfiarsi come palloncini!!… Ciò solletica veramente il nostro senso dell’umorismo.
Acqua di un ruscello che scorre…
Stephen Jourdain:….. l’acqua non dice mai fesserie. La seconda è che chiunque su questa terra si trovi più o meno in buona salute, non può avere altra ambizione nella vita che quella di guardare scorrere l’acqua: l’Ultima Meta, l’Illuminazione, Dio, appaiono a paragone dell’acqua come qualcosa di essenzialmente frivolo e poco interessante.
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…C’è un’enorme trota lì!…
La Vita ed il pensiero
di Isabella di Soragna
(nato l’ 8 gennaio 1931 – morto il 19 febbraio 2009)
Stephen (o Steve) Jourdain era francese, di madre americana. Figlio unico in una famiglia di artisti, di tradizione repubblicana di sinistra ed atea, ebbe un’infanzia serena. A vederlo, all’epoca ormai più che sessantenne, sembrava un ragazzo allegro che fumava una sigaretta dopo l’altra e beveva caffè con crema. Fin da piccolo ebbe frequenti ed inattesi ’’ momenti di rottura ’’con la percezione abituale della realtà e con gioie intense. Egli li definiva stati passeggeri con cui ‘‘giocava’’ come altri giocano a guardia e ladri, che niente hanno a che fare con il risveglio improvviso che lo colpi’ durante l’adolescenza.
A 16 anni mentre rifletteva intensamente sul “cogito ergo sum’’ cartesiano, non intellettualmente, ma come cercando di sfondare il pensiero stesso(“divenni soggetto di me stesso… tentavo di afferrare la formula con la vita stessa ’’) per piu’ di un’ora, stanco e sfinito si trovò in uno stato di grande chiarezza ove” il pensiero era assente”. Era passato al di là dello specchio e si ritrovava “vegliando di una veglia infinita in seno a me stesso.”
Realizzò istantaneamente che in lui stava la sorgente impersonale che “generava la mente ed il corpo”. Si accorse che era solo in seguito che avveniva l’inquinamento, la copia della realtà, divisa in esteriore ed interiore: li’ cominciava l’allucinazione. Se invece si rimaneva nell’assale della ruota spazio-temporale, tutto succedeva come in un film, dalla preistoria all’avvenire. Si poteva vedere sperimentalmente che si era contemporanei di tutti gli istanti della vita. “Sono situato in uno spazio “prima” di qualunque pensiero. Ho toccato il fondo d’ogni cosa e di me stesso”. Non ricorda forse Sri Nisargadatta Maharaj?
Non frequentò studi superiori e lavorò poi a Montparnasse, a Parigi come agente immobiliare. Scherzava sul fatto che a volte era difficile combinare un simile non-stato con un’università o lavoro dove si doveva emergere o combattere. Era facile sì, fare la corte alle ragazze, o giocare a golf, essere anche un ottimo pianista jazz, ma la rottura che faceva del mondo ordinario una finzione, era totale, quindi non poteva investirsi più di tanto e solo per sopravvivere con la sua famiglia. Infatti, dopo essersi sposato, visse in Corsica, ebbe quattro figli con i quali mantenne un bellissimo rapporto. Si separò dalla moglie e visse poi nell’Ardèche, presso Clermont Ferrand nel cuore della Francia. Fumava sempre molto, guardava la TV e amava passar l’aspirapolvere in casa con zelo, perché “è nelle cose raso terra che si trova l’infinito”. Quando abitava in Corsica ospitava qualche turista interessato ai suoi argomenti, offrendo “bed and breakfast”. Cominciò a farsi conoscere attraverso i suoi scritti.
“Il risveglio è pienezza dell’uomo, non è una realtà a parte”. E’ un sentirsi vivi come mai, si ama la vita più di prima, non si ha paura della morte che egli definisce un pensiero come un altro.
“Prima del vero risveglio mi chiudevo in un’identità, quella di un soggetto interno che sta pensando a questo o a quello. Dopo il risveglio, il sogno si è dissolto ed ho scoperto che quello che ero non poteva mai ridursi ad un’entità qualsiasi.” “Conobbi stati di coscienza infiniti, avrei potuto credermi illuminato: la spada non aveva ancora tagliato tutto, cioè si sente che io sono, ma senza provare simultaneamente “non sono”. E’ la fine di un esilio. C’è una collisione dell’io con se stesso che provoca una scintilla di mutazione. Una persona senza tratti né contorni.“ Insisteva poi sul fatto che il risveglio avviene in persone psicologicamente sane, che “sognano già bene”(come avvenne per Ramana Maharshi a 16 anni). Allora è possibile “sfondare il tetto fragile che le copre.”
“La realtà si trova in seno al sogno. Se il sogno è corrotto non c’è possibilità di farlo esplodere.” “Il problema centrale dell’allucinazione è il credere assolutamente in me che sto producendo un pensiero od un’azione. Il mio dovere più importante è non prendere per vero tutto quanto succede in questo preciso momento.” “La morte è puro pensiero…gli organi, il corpo? Delle conoscenze, dei concetti. Bisogna cancellare tutto, il mio cuore, la pallottola che mi uccide, la mia morte, l’universo, costantemente sradicarli e così la lavagna stessa deve essere abolita.” “La falsificazione o identificazione sta nel credere che il mio “io ultimo” si consideri qualcosa che non è.” E allora Carlo Magno, il dinosauro…? “Sono sogni! Ad ogni istante quello che nominiamo come esterno alla coscienza e che ci appare così reale, autonomo, attraverso la finestra della coscienza, tutto ciò è allucinazione, immaginazione. Stai dormendo e la coscienza subdolamente crea una realtà separata da te. Dire che Parigi, il passato e l’avvenire siano cose estranee a te è come il pazzo che parla con un interlocutore immaginario. “ “L’universo si svolge all’interno del primo pensiero di un soggetto pensante, comincia da un pensiero di mondo e di tempo: quando si produce lo “scatto” la bolla di sapone si rompe.
Alcuni suoi libri non ancora tradotti in italiano: Première Personne(Les deux océans) L’irrivérence de l’éveil (Editions du Relié) Une promptitude céleste ( “ ) Cahiers d’éveil I –II ( “ ) e vari altri Da “L’AUTRE RIVAGE”(L’altra riva”): “Se una sola volta, una sola piccola volta, noi degnassimo costatare che il pensare significa, anche di sfuggita, VISUALIZZARE; che l’esperienza interiore è invariabilmente – benché discretamente – tessuta di ELEMENTI VISUALI che compongono ciò che si può ben chiamare un’IMMAGINE; che la mia mente è infine qualcosa di simile al CINEMA; UN’IMMAGINE MENTALE DI UNA ASPETTATIVA ANIMATA che contiene i piccoli riquadri della funzione immaginativa ufficiale. Ebbene, se un tale lampo d’intelligenza ci venisse, che cosa succederebbe? Istantaneamente LA PROIEZIONE CESSEREBBE. Con tutte le conseguenze che rischia di trascinare con sé inevitabilmente per un uomo: la sparizione dell’unico punto di vista dal quale egli abbia da sempre percepito qualsiasi cosa…”
Da “UNE PROMPTITUDE CELESTE” –( “Una prontezza celeste)”:
“In questo momento, sentite esistere, nel mondo esterno, qualche persona importante per voi. Non vi può sfiorare l’idea che queste presenze siano produzioni del vostro spirito e non l’autentico X, l’autentico Y, l’autentico Z…poiché esse sembrano situarsi fuori dalla vostra mente, nel mondo esterno, nel mondo della casa di fronte. Per quanto inaccettabile possa essere, esse non sono altro che marionette che la persona interna(…) agita all’interno di sé stessa, senza rendersi conto, senza dubitare che di fronte vi è solo la propria vita e la propria presenza! È necessario che la natura illusoria di questa compagnia sia vista.
Che la persona interiore(…) consideri dunque Y laggiù, nel suo quartiere, lo giri, lo rigiri e lo giri ancora cercando la presenza di(…). Ad un dato momento, forse, vi sarà un clic improvviso, sarà confrontato con la fiaba, essa avrà l’esperienza della natura illusoria di Y; allora, come poc’anzi, il miraggio, smascherato in un suo aspetto, si dissiperà rapidamente in questo e in quello, con il medesimo risultato: (…) si sveglierà alla sua solitudine – a se stesso.
“Il mondo è un oceano di concettualizzazioni, alle quali diamo un’esistenza oggettiva. E qual è la vera natura della concettualizzazione? Che non esiste! N.U.L.L.A. Ci sono esempi molto semplici. Ecco: ho sessantasette anni, la scadenza fatale si avvicina, sto per crepare! (il fatto è che me ne frego totalmente: va bene, anche se qualcun altro non se ne infischierebbe). E poi se mi rivolgo al passato, ci sono tutti gli insuccessi (ne ho avuti proprio tanti), tutte le tragedie, tutti gli esseri che ho amato appassionatamente e che sono morti! Non proprio sopportabile questo. Terrificante! Ho perso mia figlia maggiore da poco più di un anno. Difficile, molto difficile. Di fatto, tutto questo, che può essere evocato, come iscritto in modo negativo nel nostro campo di coscienza, tutto ciò che s’ iscrive in termini di esteriorità, tutto ciò che è ostile, tutto quello che è irrimediabilmente nemico e che ci appare marcato col sigillo della realtà oggettiva, tutto questo…un’illusione, un niente, nulla, assolutamente nulla. SONO ASSOLUTAMENTE SOLO!
….”nell’istante in cui questa effusione d’irrealtà si macchia del minimo sospetto di realtà, è la fine. Ho il diritto di sentirmi impegnato in questa o quella situazione – è mio diritto assoluto – ma questo diritto ha dei limiti o dei doveri. Il mio dovere imperativo è, ad ogni istante, quello di misurare l’irrealtà fondamentale di questa situazione interiore nella quale sono impegnato e a cui partecipo. Tutto questo non esiste. Quindi la ricerca del risveglio non esiste. Solo…un niente; un niente adorabile, da cherubino. Osservo questo niente e mi sembra di vedere il viso di un bambino piccolo, adorabile. Ma se ne faccio qualcosa, commetto un errore di approccio a questo niente: sono fregato e non contemplo più un adorabile bambinello, ma un laido vecchio.”
“L’unica prospettiva dalla quale si possa considerare l’Ultimo(Assoluto) è di esserlo. Il pensiero dell’Ultimo non esiste: la parola sull’Ultimo non esiste; il desiderio, la ricerca dell’Ultimo non esistono. L’Ultimo – oggetto non esiste: questo è il tratto fondamentale dell’Ultimo – l’Ultimo stesso. Ecco perché evocare l’Ultimo rendendolo un oggetto ed in particolare l’evocazione più pura, che lo mantiene in modo completo in questo oggetto – risuona per l’Ultimo, come un segnale di allarme e lo getta nella sua natura propria.
“Cos’è la coscienza? – s ’interrogò. Quel giorno la fortuna era con lui ed un’evidenza piombò su di lui: che cosa sarebbe restato di lui e della grande domanda, se non fosse stato cosciente di se stesso mentre la poneva?”
“La persona interiore non è sotto lo sguardo di nessun’altra coscienza. Non perché un muro impedisca per sempre alla visione degli altri di pervenire fino ad essa, ma perché la realtà è fatta in tal modo che il luogo ove si trova non è abitato.”
Nel mio articolo “Similitudini di vedute tra fisici e mistici” vi è un brano con altri accenni alla visione di S. Jourdain
Giacomo Leopardi:
“Pare un assurdo, pure è esattamente vero che tutto il reale essendo nulla, non v’è altro di sostanza al mondo che le illusioni.”
Niels Bohr (fisico moderno) :
“Prima della coscienza esiste un mondo reale.”
Nazir (poeta sufi, nato ad Agra nel XVIII secolo) :
Uno spettacolo magico
Che meraviglioso mercato è questo mondo,
Ma che merci strane offre!
Ecco in forno il grano arrostito,
Ricchi piatti saporiti esposti in abbondanza.
Ma quando osservo di nuovo con gli occhi del discernimento,
Non vedo mercato, né banchi, né fuoco:
Vedo solo onde e spruzzi
Odo solo echi e mormorii:
Questo mondo è solo un magico spettacolo:
Non guarderò più oltre.
Alcuni comprano corone e ridono,
Altri lottano per veder uno spettacolo!
Alcuni vestiti con vesti colorate,
Altri camminano in stracci:
Alcuni si chiamano padri e figli,
Altri fratelli e nipoti:
Ma quando osservo di nuovo con gli occhi del discernimento,
Vedo che in realtà non vi sono relazioni in questo mondo.
Vedo solo onde e spruzzi
Odo solo echi e mormorii:
Questo mondo è solo un magico spettacolo:
Non guarderò più oltre.
Ecco medici e astrologhi,
Preti eruditi e ciarlatani:
Alcuni abili e saggi, altri pazzi ed in estasi.
Alcuni usano talismani e fanno predizioni,
Altri ripetono formule.
Ma quando osservo di nuovo con gli occhi del discernimento
Vedo che tutto è inganno e ipocrisia:
Vedo solo onde e spruzzi
Odo solo echi e mormorii:
Questo mondo è solo un magico spettacolo:
Non guarderò più oltre.
Alcuni hanno brillanti sui cappelli
Altri turbanti di seta:
Altri invece vanno ignudi, senza camicia o veste.
Una indossa uno scialle ricamato,
Un’altra un mantello tessuto in casa:
Ognuno esalta la sua moda personale.
Ma quando osservo di nuovo con gli occhi del discernimento
Non vedo né turbante, né vesti, né scialle ricamato:
Vedo solo onde e spruzzi
Odo solo echi e mormorii:
Questo mondo è solo un magico spettacolo:
Non guarderò più oltre.
Che colore potrò lodare, che forma ammirare?
Il mercato dura un pomeriggio:
Eppure molti trovano piacere in quello.
Questa visione, questo svago lo osservo,
Pure non so descriverlo né spiegarlo:
Quindi meglio rimaner silenziosi,
Indifferenti e neutrali:
Poiché quando guardo con gli occhi del discernimento,
Non vedo né forma né colore,
Né mercato né merci.
Vedo solo onde e spruzzi
Odo solo echi e mormorii:
Questo mondo è solo un magico spettacolo:
Non guarderò più oltre.
*
Oh! amico, rinuncia alle ambizioni
E il vagabondare di luogo in luogo.
Ricorda,
Ogni giorno la Morte, il giustiziere
Ruba le merci ai mercanti.
I tuoi giovenchi e cammelli,
I tuoi servitori con i carichi sul capo
Tutto va lasciato,
Quando il viaggiatore piega la sua tenda e parte.
Oggi sei un ricco mercante
Commerci e trai profitto dai vari beni.
Uno più grande di te, un altro ancor più grande ti rimpiazzerà.
I tuoi frutti sugosi, le spezie e le noci,
L’uva, lo zafferano ed il garofano
Tutto andrà lasciato
Quando il viaggiatore piega la sua tenda e parte.
Mentre fai commercio dei tuoi beni, ricorda questo:
Né moglie, né figlio
Amico o nipote ti piangerà a lungo.
Per quale motivo ti carichi
Di un così grande fardello?
Tutto andrà lasciato
Quando il viaggiatore piega la sua tenda e parte.
In verità questi beni non sono tuoi.
Quando il corpo giace inerte
Gli ornamenti ed i vasi di gioielli
Non ti renderanno la vita:
Non fidarti del tuo scudo per proteggerti,
Non vantarti della tua spada:
Quando la Morte colpisce, non avrai il tempo
Di cogliere nemmeno una foglia:
Tutto andrà lasciato
Quando il viaggiatore piega la sua tenda e parte.
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